

Il finale della prima stagione di Pluribus ci lascia con tanti dubbi e poche certezze. Tra queste, l’aver ritrovato una serie tv che sa generare dibattito al di fuori della trama, tra dilemmi morali e teorie su come la protagonista potrebbe salvare il mondo
Un regalo di Natale anticipato: Apple TV ha rilasciato nel giorno della Vigilia di Natale (dunque di mercoledì e non di venerdì come al solito) l’ultima puntata della prima stagione di Pluribus, quella che possiamo tranquillamente definire una delle serie non solo rivelazione dell’anno, ma anche tra le più sorprendenti per la capacità di coinvolgere il pubblico in un dibattito che supera i confini del genere fantascientifico a cui la storia appartiene.
Vince Gilligan ha messo sul piatto un season finale che, come il resto della stagione, non presenta colpi di scena eclatanti, ma fa emergere dettagli inquietanti pronti ad alimentare le teorie dei fan sulla mente-alveare al centro della serie e sui tentativi di disattivarla. Ma a questo ci arriviamo tra poco. Prima, capiamo meglio questo finale di stagione.
Come finisce la prima stagione di Pluribus?
-OCCHIO AGLI SPOILER-
L’ultima puntata per la protagonista Carol (Rhea Seehorn) rappresenta un ritorno a quella socialità di cui era stata privata poco prima, quando la mente-alveare l’aveva lasciata da sola, dopo l’episodio in cui aveva cercato con un escamotage di estrapolare informazioni su come invertire il processo di contagio del virus che ha reso quasi tutti serafici e neutrali.
Abbiamo ritrovato Zosia (Karolina Wydra), di fatto la portavoce dell’alveare per Carol, a cui la protagonista è sempre più legata. E sembra ricambiata: Zosia accetta di parlare in prima persona singola e non plurale, rievoca ricordi del passato prima che si unisse all’alveare stesso e, soprattutto, intraprende con Carol un lungo viaggio per il mondo che cementifica il loro rapporto.
Ma è proprio durante questa vacanza, in uno chalet di montagna, che Carol torna alla realtà. Per la protagonista c’è stato infatti un allontanamento dalla sua missione iniziale, quella di disattivare l’alveare e riportare l’umanità alla sua condizione precedente: Carol si gode la presenza di Zosia e tutti i confort che le sono messi a disposizione.
Ma durante una conversazione con Zosia scopre che l’alveare sta ancora lavorando affinché trovi in modo per far unire Carol ai suoi componenti. La donna aveva congelato, in passato degli ovuli, e proprio da quelli l’alveare sta recuperando le sue cellule staminali che, come abbiamo appreso, permetterebbero di individuare la formula giusta per far convertire la protagonista. L’alveare, quindi, non sta contravvenendo l’ordine di Carol, che aveva negato il consenso di prelievo delle sue cellule dal suo corpo, ma lo ha aggirato.
Una volta scoperto Carol, dicevamo, torna alla realtà: si rende conto che quella lunga vacanza -e forse anche l’esilio a cui è stata sottoposta- non è stata altro che una manipolazione per avvicinarla all’alveare e offrirle un’alternativa alla solitudine. Alternativa che include, però, la rinuncia della propria individualità.
E così che si chiude la prima stagione: con Carol che si fa riportare a casa da Zosia in elicottero, con un grosso scatolone appresso. Ad attenderla c’è Manousos (Carlos Manuel Vesga), che nel frattempo ha continuato a fare ricerche sulle frequenze che secondo lui terrebbero unito l’alveare.
Carol accetta la proposta dell’uomo di unirsi per sconfiggere l’alveare. E dentro quello scatolone, le chiede lui, cosa c’è? “Una bomba atomica”, risponde Carol, riprendendo il dialogo dei primi episodi con un membro dell’alveare che aveva sottoposto proprio al dilemma sul dare o no a una persona un’arma atomica e, dunque, la possibilità di distruggere il mondo.
Pluribus, qual è la vera domanda che ci dobbiamo fare?
Con questo season finale, viene spontaneo scervellarsi per capire come Carol possa distruggere l’alveare. Questa, però, è la domanda sbagliata. Abbiamo ormai capito che Pluribus non è una serie sul come, ma sul perché. La storia ideata da Gilligan pone al centro uno scenario inquietante, in cui quasi tutta l’umanità cede con estrema facilità a n virus che ne cancella i tratti individuali per creare un unico insieme, senza differenze, omologato e apparentemente senza crepe. Per capire come tornare a prima, bisogna allora comprendere le ragioni per cui il processo attivato dall’alveare abbia funzionato.
Gilligan lo chiarisce fin da subito: l’alveare non arriva con la forza, ma con una promessa che cancella dolore, conflitti e solitudine. Un benessere uniforme, distribuito in modo equo, senza scarti. Con un prezzo altissimo: l’individualità. Pluribus non si sofferma sull’origine aliena dell’alveare, ma sull’accettazione di questo prezzo da parte dell’umanità.
Ed è qui che la serie smette di essere fantascienza e diventa una radiografia piuttosto impietosa del presente, tra società iperconnesse, consenso automatico, deleghe emotiva e comfort scambiato per felicità. L’alveare diventa allora una scorciatoia. E come tutte le scorciatoie, dice molto su quanto siamo stanchi del percorso.
Carol, non un eroina ma un errore di sistema
In questo scenario la protagonista Carol non è la classica eroina che deve salvare il mondo, ma diventa un bug -dalla prospettiva dell’alveare- da sistemare. Perché è impensabile che una mente condivisa da tutti possa lasciare fuori qualcuno. Un indizio, forse, del fatto che un modo per disattivare questa mente c’è, e nessuno dunque deve restarne fuori per giungere alla verità.
Carol, però, non è forte o dotata di chissà quali poteri. Si mette spesso in dubbio, si arrabbia, sbaglia, fatica a chiedere scusa: per noi il personaggio perfetto per una serie tv, per l’alveare incompatibile con il proprio sistema di sopravvivenza. E, dunque, capace di mandarlo in crisi.
Per questo le teorie sull’inversione di rotta dell’umanità coinvolgono tutte Carol e, soprattutto, delle azioni che lei (e aggiungiamo anche Manousos) potrebbero intraprendere nei prossimi episodi (la seconda stagione è già stata confermata). Eppure, così come l’alveare ha pagato il prezzo dell’individualità, anche Carol potrebbe pagarne uno per raggiungere il suo scopo.
Pluribus e le teorie più diffuse
Eccoci al punto cruciale della serie: se abbiamo ormai la certezza che ci sia un modo per rompere la fusione e riportare l’individualità nel mondo, resta da capire come farlo. Sul web circolano varie teorie, tutte basate su quanto visto negli episodi della prima stagione.
La teoria più solida ritiene che la disconnessione sia già possibile, ma ovviamente sia taciuta dall’alveare. In questo caso, Carol potrebbe ottenerla mettendo il sistema davanti a un paradosso logico: fare una richiesta che l’alveare non può soddisfare senza contraddirsi. Non una battaglia, ma una trappola concettuale. La richiesta della bomba atomica potrebbe aver anticipato questo piano.
C’è poi l’ipotesi tecnica, legata all’interruzione del segnale su cui sta indagando Manousos. L’uomo ha ipotizzato che l’alveare sia unito da una frequenza che, se alterata, può generare uno shock come quelli a cui abbiamo assistito. Una soluzione pulita, quasi rassicurante, anche troppo, perché l’idea che basti “spegnere qualcosa” per sistemare tutto è la più consolatoria… e la meno onesta.
La teoria davvero coerente con la serie potrebbe allora essere un’altra: Carol non rompe l’unione dall’esterno, ma la incrina dall’interno, riattivando l’individualità in un singolo membro, dimostrando che il sé non è stato cancellato, solo anestetizzato.
Questa teoria si ricollega alla scena in cui Carol chiede a Zosia quale sia il suo gusto di gelato preferito. Ovviamente Zosia, nella condizione di alveare, non ne ha uno, ma la Zosia prima della fusione sì. La donna comincia così a raccontare un ricordo d’infanzia, fino a freezzarsi per qualche secondo. Se uno ricorda di essere solo, allora l’alveare potrebbe non essere più stabile. Se Carol riuscisse a stimolare i ricordi di più persone, forse l’alveare sarebbe più debole e perderebbe il controllo di chi ne fa parte.
Come una volta
Mentre Carol cerca di riportare il mondo a come era prima, il pubblico è già tornato ai tempi di una volta: da tanto una serie tv non stimolava in questo modo il dibattito tra i suoi spettatori, unendo mistero (e dunque teorie da analizzare) e tematiche oltre la semplice trama.
Pluribus, diventata la serie più vista di sempre di Apple Tv superando anche successi come Scissione e Ted Lasso, con pochi episodi è già must-see tv, appuntamento che si ferma alla visione dell’episodio ma ci costringe a riflettere tra una puntata e l’altra, a cercare indizi e indagare come la protagonista stessa. Gilligan ha creato lui stesso una community che, a differenza dell’alveare, si basa sui pensieri di molti per generare condivisione.





