100% Pluribus: con la sua nuova serie tv Vince Gilligan è diventato un brand di infallibilità

Il 100% ottenuto dalla nuova serie di Vince Gilligan su Rotten Tomatoes racconta la trasformazione dell’autore in brand e del pubblico in fedele comunità

Nel mare magnum di serie tv che escono ogni mese, è sempre più difficile trovarne una per cui l’attesa è davvero alta. Ecco che, allora, quando l’hype generato da una nuova uscita raggiunge livelli molto alti, si può parlare di evento. Il 7 novembre scorso Apple TV ha distribuito i primi due episodi (su nove totali) di Pluribus -o, come si legge nella serie, Plur1bus-, la nuova creatura di Vince Gilligan. Sì, quel Gilligan che ci ha regalato Breaking Bad e Better Call Saul.

Un’attesa ampiamente ripagata, come dimostrano i primi due episodi, divenuti argomento di discussione nel giro di poche ore. E che hanno raggiunto un primo eccellente traguardo: il 100% di recensioni positive su Rotten Tomatoes. Critica e pubblico sono, insomma, tutti d’accordo: Gilligan e la sua squadra ha sfornato un altro gioiello. Ma Pluribus avrebbe avuto la stessa attenzione se dietro ci fosse stato un autore con un curriculum differente?

Di cosa parla Pluribus?

Prima di tutto, chiariamo una cosa: Pluribus non ha nulla a che fare con Breaking Bad e Better Call Saul. L’ambientazione è la stessa, sì, ma l’Albuquerque della nuova serie di Apple TV non è la stessa del mondo di Walter White e Saul Goodman.

Cambia anche il genere: da drama a tinte crime, si passa alla fantascienza post-apocalittica. Non una vera novità per Gilligan che, va ricordato, si è fatto le ossa come sceneggiatore di X-Files, di cui ha scritto trenta episodi, così come del suo breve spin-off The Lone Gunmen.

Pluribus racconta la storia di una donna, Carol Sturka (Rhea Seehorn), autrice di romanzi fantasy di dubbia qualità, insoddisfatta della propria vita proprio perché consapevole che il suo successo è frutto di qualcosa di mediocre (ma nonostante questo di enorme popolarità).

Il mondo intorno a lei cambia quando una singolare pandemia travolge tutta l’umanità: un virus alieno s’impossessa del genere umano, facendolo entrare in una condizione mentale di perenne serenità e armonia, oltre che in costante connessione con gli altri e con le loro competenze ed esperienze. Tutti, tranne Carol e poche altre persone nel mondo.

Vince Gilligan (al centro) con il cast di Pluribus

A Carol, però, questo nuovo mondo non va proprio giù: mentre tutti, assuefatti dagli effetti del virus, la rassicurano di volere solo la sua felicità e di essere al lavoro perché possa sentirsi a suo agio, lei comincia a cercare un modo per far tornare il mondo a com’era prima, ovvero imperfetto e con un ventagli di emozioni capaci di passare dalla rabbia alla gioia. Un mondo senza emozioni negative vale la pena di essere vissuto?

Il 100% di Pluribus, made in Gilligan

Il 100% di reazioni positive ottenuto dai primi due episodi di Pluribus è un dato che, più che raccontare la serie, racconta il suo autore. Non c’è un solo voto negativo, ma forse non c’è nemmeno sorpresa nel scoprirlo. Quando dietro una storia c’è Vince Gilligan, il creatore di Breaking Bad e Better Call Saul, il plauso sembra diventare un riflesso automatico.

Negli anni, Gilligan ha costruito non solo un linguaggio narrativo che lo contraddistingue dai colleghi, ma un marchio di fiducia. È diventato uno di quei nomi che bastano a garantire serietà, cura, profondità morale. Come Nolan nel cinema o Phoebe Waller-Bridge e Steven Moffat nella serialità britannica, rappresenta una promessa: “Se lo firma lui, è roba buona”.

In un panorama televisivo saturo, questa fiducia preventiva vale più di una campagna promozionale (che, va detto, nel caso di Pluribus non è mancata, fin dall’estate scorsa). Ed è forse anche il motivo per cui Pluribus è stata accolta come un evento ancora prima di essere vista.

Fiducia e sorpresa

Bisogna anche ammettere, però, che la reazione positiva verso il debutto di Pluribus non può essere considerata solo un atto di fiducia verso il suo creatore. Gilligan, dopo oltre un decennio di storie realismo morale, antieroi e deserti metafisici, ha deciso di osare, cambiando scenario, ma non natura.

La storia di Pluribus è totalmente differente da Breaking Bad e Better Call Saul, ma Gilligan non tradisce se stesso e continua a parlare di dilemmi morali, scelte, colpa e verità. Solo che il contesto è diverso, più astratto, vicino a una metafora neanche troppo velate della società odierna.

Pluribus ha al suo interno numerosissimi richiami a tanti titoli che ci hanno appassionato in passato, sia al cinema che in tv. Ma -e qui si vede la bravura di uno sceneggiatore- Gilligan ha saputo metabolizzarli e renderli qualcosa di nuovo e inquietantemente attuale.

La scrittura di Gilligan resta riconoscibile — dal rigore nei dialoghi alla costruzione matematica delle svolte, fino all’attenzione per le location e per come vengono raccontate — ma la posta in gioco è diversa. Ormai tra gli autori più stimati del panorama tv, non ha più bisogno di affermarsi, ma di continuare a essere riconosciuto.

Quel 100% diventa quindi un risultato dal doppio significato: un voto alla serie, certo, ma anche al passato di chi l’ha scritta e interpretata. Al tempo stesso, diventa un atto di fiducia e devozione verso chi, in passato, non ha mai deluso le aspettative del pubblico. Forse, più che un indice di qualità, è la misura di quanto ci servano ancora certezze in un mondo di produzioni usa e getta. E Vince Gilligan è diventato una di quelle certezze.

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