“La accendiamo?”: i game show e i loro tormentoni che usiamo ancora oggi

Dal Milionario ad Affari Tuoi fino ai titoli storici degli anni Ottanta e Novanta, dai game show sono emersi tormentoni e modi di dire che oggi sono parte del nostro parlare quotidiani. Ma perché?

I tormentoni, da che mondo è mondo, non si possono costruire a tavolino. Nascono per caso, grazie al passaparola delle persone, alla loro orecchiabilità e anche al grado di fertilità del contesto in cui si diffondono. Vale per le canzoni, certo, ma qui non parliamo di musica…

L’arte del tormentone non è infatti solo legata al mondo delle sette note, ma anche in televisione nascono delle frasi, espressioni e motti che, a forza di sentirli, sono diventati di uso comune. Alzi la mano chi non ha mai detto di fronte alla possibile soluzione di un dubbio “La accendiamo?” oppure che facendo un confronto tra i prezzi di ieri e quelli di oggi non si sia fatto scappare un “vecchio conio”.

La maggior parte delle espressioni gergali diventate più che popolari nel nostro linguaggio hanno un punto in comune: derivano soprattutto da quiz e game show. Certo, non mancano le eccezioni (da “Apriamo la busta” e “No Maria, io esco”, fino al “falò di confronto” e al termine “carrambata”), ma se ci fate caso gran parte dei tormentoni nati in tv provengono da giochi a premi.

Perché i tormentoni sono figli dei game show?

I motivi dell’appartenenza a questo genere piuttosto che ad altri sta con ogni probabilità nella frequenza con cui questi programmi vanno in onda. I quiz sono prodotti che la tv italiana manda in onda quotidianamente, sia in preserale che in access prime time, sfociando sempre più spesso in prima serata.

La ripetitività aiuta: sentire un conduttore pronunciare determinate frasi in determinati punti in scaletta aiuta a riconoscere subito il gioco, a renderlo più familiare e ad avvicinare il pubblico. Quando poi l’espressione (a volta semplicemente adattata in lingua italiana dal format straniero di origine, altre invece appositamente inventata) è semplice, originale e divertente serve davvero poco tempo perché si diffonda nel nostro parlare comune, conquistando alla fine anche chi quel programma non lo ha mai visto.

Abbiamo citato la collocazione in palinsesto: preserale, access e prime time sappiamo essere le fasce con il maggiore bacino di pubblico davanti al piccolo schermo. Un dettaglio non da poco, che favorire l’assorbimento dei futuri tormentoni da parte del pubblico e che li eleva a nuovi modi di dire ultra-pop.

Il caso del Milionario

Uno dei quiz che più ha generato tormentoni in questi anni è indubbiamente Chi Vuol Essere Milionario, da poco tornato in onda nel prime time di Canale 5 con la versione a torneo. Espressioni come “È la tua risposta definitiva?”, “La accendiamo?” e “Mi gioco l’aiuto da casa” hanno davvero superato i confini catodici per diventare modi di dire utili a stemperare la tensione o sdrammatizzare di fronte a importanti decisioni. L’apporto di un fuoriclasse dei quiz come Gerry Scotti, capace di far conoscere queste catchphrase con la giunta tonalità e pathos, ha fatto il resto.

Affari Tuoi e le parole per dettare le fasi del gioco

In Rai troviamo invece il caso di Affari Tuoi: fin dall’esordio nel 2003 il game show dei pacchi ci ha regalato espressioni diventate iconiche. Merito anche del battesimo di Paolo Bonolis, un vero maestro nell’utilizzare la lingua italiana come strumento di fascinazione verso il pubblico. A lui dobbiamo il mitico “Scavicchi ma non apra!”, mai più utilizzato dai conduttori che lo hanno seguito, così come “A verbale!”, per indicare la decisione presa dal pacchista di puntata, oppure l’inconfondibile “vecchio conio”, utilizzato per indicare le lire (nel 2003 era già in vigore l’euro).

Proprio i concorrenti di Affari Tuoi, nel corso degli anni, ci hanno regalato un altro divertente tormentone, quel “Rifiuto l’offerta e vado avanti” usato di fronte a una proposta del Dottore, oggi usata per chiarire la propria decisione di fronte a proposte più o meno allettanti. Più recentemente, nell’era Amadeus, “Soldi sicuri!” è diventato un urlo di vittoria usato -si spera- in caso di occasioni fortunata anche fuori da quel contesto.

L’Eredità e la tensione finale che diventa tormentone

Nel preserale di Rai 1 c’è una sola parola diventata evocativa di un momento ad alta tensione: nel gioco finale de L’Eredità il conduttore di turno la ripete spesso, tanto da essere ormai associata al gioco stesso. Parliamo di “Ghigliottina?”, usata per indicare se il concorrente dimezzerà o no il montepremi.

Sempre L’Eredità ci ha regalato il tormentone della “Scossa?”, gioco di metà puntata tornato in onda recentemente, ma la cui popolarità si deve ad Amadeus e all’intesa con Giovanna Civitillo, ai tempi parte del corpo di ballo del programma e poi diventata sua moglie.

I tormentoni del passato ancora in voga

E poi ci sono i qui di una volta, ma ancora attualissimi, che tra gli anni Ottanta e Novanta ci hanno regalato espressioni diventate veramente intergenerazionali. Se non capite cosa vi sta dicendo una persona, probabilmente per ironizzare le direste “Guarda, compro una vocale”: la stessa richiesta viene fatta da quasi trent’anni dai concorrenti de La Ruota della Fortuna, che a forza di ripeterla l’hanno trasformata in una frase divertente e comprensibile da tutti.

Chissà, poi, che nei prossimi mesi non torni in voga il “Cento! Cento! Cento!” urlato dal pubblico di Ok, il prezzo è giusto durante il gioco della ruota. Meno noto ma iconico (grazie anche ai relativi meme), con l’edizione revival prevista nel 2026 potrebbe diventare un’espressione nuovamente utilizzata da molti.

Infine, Sarabanda: tornato in onda nell’estate 2025, nella sua versione originale di fine anni Novanta/inizio Duemila è stato artefice di due modi di dire azzeccatissimi. Uno, “mooseca!” (modo differente per dire “musica!”) gioca con le vocalità usate dal conduttore Enrico Papi per dare il via alle note di una canzone da indovinare; l’altro, “La indovino con una”, appartiene al gioco dell’asta musicale, ma è diventato utilizzabile in qualsiasi conversazione in cui si deve a qualcuno di indovinare dove si vuole andare a parare.

I quiz generano ancora tormentoni?

Oggi tutto questo accade molto meno. I game show cambiano titolo, meccanica e conduzione troppo in fretta per costruire un linguaggio, oppure vengono cancellati senza dare loro il tempo di creare dinamiche riconoscibili dal pubblico. Manca, insomma, la ripetizione e la ritualità, quella struttura che garantisce una continuità senza cui le parole non attecchiscono.

Eppure la lezione è chiarissima. Per entrare nel linguaggio comune non serve inventare la frase più brillante del mondo, basta ripeterla abbastanza a lungo, con la voce giusta, davanti a un pubblico che la riconosce come propria. I game show italiani lo hanno fatto per anni, spesso senza rendersene conto. E se un giorno qualcuno tornerà a martellare una frase, sera dopo sera, probabilmente la useremo tutti, ancora una volta. Senza neanche chiederci perché.

 

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