Freeze, un po’ GF, un po’ Ciao Darwin: l’importante è mostrare il vip che si diverte
Freeze

La recensione di Freeze – Chi sta fermo vince!, il nuovo game show per vip di Rai 2, condotto da Nicola Savino e Rocío Muñoz Morales.

Freeze – Chi sta fermo vince!, il nuovo game show per vip in onda su Rai 2, condotto da Nicola Savino e Rocío Muñoz Morales, rientra chiaramente nel filone già noto degli show televisivi dove schiere di vip giocano allegramente e si divertono, nella speranza di far divertire anche il pubblico da casa: una sorta di cazzeggio organizzato nel quale fanno parte programmi, alcuni di successo, altri meno, come Stasera tutto è possibile, Fake Show, Game of Games – Gioco Loco, Liberi Tutti! e game show musicali come Sarabanda o Bring the Noise.

Inutile tergiversare: la parola Freeze, televisivamente parlando, è collegata da tempo immemore al Grande Fratello che utilizza l’escamotage di tenere “congelati” i propri concorrenti soprattutto quando si tratta di mettere in scena sorprese o confronti.

Il Freeze, che esordì ufficialmente nel GF nel 2014, nel corso di una prova settimanale della tredicesima edizione, ha prodotto un glossario unicamente circoscritto al reality show di Canale 5: “Sei frizzato!”, “Sfrizzati!” et similia.

E infatti Nicola Savino, durante i vari giochi dove l’unica regola imposta ai concorrenti vip, appunto, è quella di rimanere immobilizzati qualsiasi cosa accada, ha avuto un po’ di difficoltà nel chiamare a distanza i concorrenti impegnati nella stanza dei giochi, utilizzando un sinonimo anche poco musicale: “Congelati!”. Alla fine, però, le suddette locuzioni sono state inevitabilmente utilizzate.

La prima sfida del programma, quindi, è stata proprio quella di costruire una propria identità, di essere totalmente autonomo, nonostante le differenze eloquenti con il GF.

L’adattamento italiano dell’omonimo format giapponese, creato tra l’altro dagli stessi ideatori di LOL – Chi ride è fuori, deve successivamente affrontare altre due situazioni spinose.

La prima è la durata: se LOL, ad esempio, può contare su una durata “da piattaforma”, che arriva ad un massimo di mezz’ora ad episodio, in questo caso c’è un’intera prima serata da riempire. Il rischio maggiore, ovviamente, è la ripetitività.

Gioco dopo gioco, sì, le provocazioni aumentano di intensità: si passa da fucili spara-palline e pennelli grondanti vernice rossa ad asciugamani sudati e al Surströmming, l’aringa fermentata svedese dall’odore pestilenziale, fino ad arrivare alla manche finale, dove la testa di un concorrente viene anche inserita all’interno di un box trasparente contenente due serpenti, una prova dal sapore di Ciao Darwin.

Nonostante si spinga sempre di più con l’acceleratore, a lungo andare, al programma viene a mancare un cambio di marcia deciso perché la regola, alla fine, è sempre quella ed è oggettivamente arduo inventarsi altro.

Il secondo ostacolo, invece, potrebbe anche essere facilmente superato: cambiano i programmi, infatti, ma la combriccola di ospiti chiamati a far divertire il pubblico, in studio e a casa, risulta sempre la medesima e trovare volti nuovi, che possano anche funzionare a medio-lungo termine, non è un’impresa così improba.

Ci sono stati periodi nei quali la seconda rete di Stato affidava una delle proprie prime serate a due programmi differenti: Freeze, dalla durata minore e dal ritmo più serrato, potrebbe anche funzionare.

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