Domenica In, dentro la sua storia. Cinquant’anni di tv, specchio di un Paese
Domenica IN

Domenica In celebra 50 anni: dalle origini con Corrado a Pippo Baudo e Raffaella Carrà, fino all’era Mara Venier. Tutti i momenti cult, le polemiche storiche e le novità della stagione 2025-2026

Domenica In non è solo un programma televisivo: è un pezzo di cultura popolare, un rito che da cinquant’anni accompagna le domeniche degli italiani. Nato nel 1976, ha attraversato mode, cambi generazionali e rivoluzioni sociali, diventando al tempo stesso specchio e protagonista della nostra storia recente.

La sua longevità non è solo un record: è la prova della sua capacità di reinventarsi restando sempre riconoscibile, una sorta di salotto di famiglia dove l’Italia si è raccontata, ha discusso, si è divisa e ritrovata. Non a caso si è arrivati a parlare di “domenicainismo”, per descrivere l’abitudine di passare il pomeriggio della domenica davanti alla tv, tradizione che ha ridefinito il giorno festivo per intere generazioni.

Il traguardo della cinquantesima edizione, che toccherà con la stagione 2025-2026, non è solo una festa celebrativa, ma un punto di svolta. La formula cambia: accanto a Mara Venier, volto insostituibile del programma, arriva un trio di co-conduttori con ruoli precisi. Una scelta non casuale, ma studiata per affrontare le nuove sfide: la frammentazione del pubblico, la concorrenza delle piattaforme digitali e la necessità di rinnovarsi senza perdere la propria anima.

Unshow vi porta dentro una guida completa a Domenica In, vista come fenomeno mediatico e come archivio vivente della nostra storia. Apriamo analizzando la nuova stagione e il suo assetto, poi ripercorreremo i cinquant’anni di evoluzione del format e dei suoi conduttori, fino ai momenti storici che hanno segnato le sue dirette e l’immaginario collettivo.

Fate ben attenzione, l’obiettivo non è guardare al passato come a un punto d’arrivo, ma capire come la cinquantesima edizione possa aprire un nuovo capitolo per il programma che, più di tutti, ha saputo raccontare gli italiani… agli italiani.

Il ritorno di Mara Venier: la timoniera di un’edizione storica

Al centro della cinquantesima edizione di Domenica In c’è ancora una volta lei: Mara Venier. La sua conferma non è stata una scelta di semplice continuità, ma un atto strategico della Rai, che ha deciso di puntare sulla figura che più di tutte incarna lo spirito del programma. Perché, diciamolo, Mara è diventata il perno insostituibile del contenitore domenicale: senza di lei, sarebbe un altro show.

Con la stagione 2025-2026 arriva a quota sedici edizioni totali, di cui sette consecutive: numeri che la consacrano come il volto più longevo e rappresentativo della Domenica In contemporanea. Per la Rai era impensabile privarsi del suo “asso” proprio nell’anno del cinquantennale.

Ma Mara è molto di più di una conduttrice di successo: è diventata un personaggio familiare, una presenza quasi domestica. Non a caso il pubblico la chiama affettuosamente “Zia Mara”. La sua forza sta nella spontaneità, nell’empatia e nella capacità di parlare a chiunque senza filtri, abbattendo le barriere tra ospite e spettatore. Domenica In con lei non è un semplice programma, ma un salotto autentico, dove chi guarda si sente a casa. E questa connessione emotiva, in un panorama televisivo sempre più percepito come freddo e costruito, è un patrimonio di valore incalcolabile.

La sua conferma, arrivata nonostante i suoi frequenti richiami al ritiro (“È l’ultima, ma poi torno”), è stata un punto fermo nelle strategie Rai. Nessun dubbio: per un’edizione celebrativa serviva la guida di una conduttrice amata, credibile e con la giusta autorevolezza. Mara non è solo il volto di Domenica In: ne è l’anima, la voce che tiene insieme mezzo secolo di tradizione e ne garantisce ancora oggi la forza.

La svolta corale

La grande novità della stagione è l’addio al modello “Venier-centrico” in favore di una conduzione corale. Non un colpo di scena improvvisato, ma un cambiamento voluto proprio da Mara. L’idea è quella di dare più ritmo e più registri alla lunga diretta, dividendo il programma in blocchi tematici affidati a personalità diverse che lavoreranno accanto alla padrona di casa. Una mossa che risponde a due esigenze precise: alleggerire il peso delle oltre tre ore di diretta sulle spalle della conduttrice e ampliare l’offerta, così da intercettare pubblici diversi e reggere meglio la concorrenza, in primis quella fortissima di Amici di Maria De Filippi.

Il nuovo team, secondo le anticipazioni, è stato scelto con attenzione per coprire diversi toni e linguaggi:

  • Tommaso Cerno, giornalista, guiderà il segmento legato all’attualità e all’approfondimento, mantenendo vivo lo spazio di infotainment che storicamente ha fatto parte della Domenica In.
  • Teo Mammucari sarà il volto dell’intrattenimento più leggero e ludico. A lui anche il compito di riportare in scena un classico storico del programma, il Cruciverbone, che punta a coinvolgere pubblico e spettatori con un tocco di varietà “vecchia scuola”.
  • Enzo Miccio, wedding planner ed esperto di stile, curerà una rubrica dedicata al costume, alle tendenze e alle storie d’amore, aggiungendo glamour e leggerezza.

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In più, potrebbe esserci anche la partecipazione di Vincenzo De Lucia, comico e imitatore capace di ironizzare persino su Mara, con le sue parodie che sono già diventate virali. Una struttura corale che segmenta i 195 minuti di diretta, trasformando la storica Domenica In in un mosaico di linguaggi e atmosfere pensato per allargare il pubblico e rendere il programma più competitivo.

Dietro le quinte di una scelta: il braccio di ferro per la co-conduzione

Arrivare a questo nuovo assetto non è stato facile. Dietro c’è stata una trattativa lunga e complicata tra la Rai e Mara Venier, quasi un vero e proprio braccio di ferro. In un primo momento, infatti, la rete sembrava puntare su un unico co-conduttore di peso. Nomi come Nek e Gabriele Corsi erano dati per certi, ma entrambi i progetti si sono arenati. Nek si è sfilato, mentre la rinuncia di Corsi è arrivata con un comunicato ufficiale dai toni diplomatici, che però non ha spento le voci su possibili frizioni legate alla difficoltà di affiancare una figura così dominante come Mara.

 

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In questo scenario si è inserita la visione della stessa Venier, che aveva espresso chiaramente il desiderio di non essere più sola al timone. “La prossima Domenica In sarà diversa, non sarò più da sola”, aveva dichiarato. Ma il suo progetto non prevedeva un semplice duo: voleva una squadra, come quella con cui aveva iniziato la carriera televisiva, per “chiudere un cerchio” e, allo stesso tempo, alleggerire il carico di lavoro. Il risultato è stato un compromesso strategico: tre co-conduttori con ruoli precisi, che evitano di creare l’idea di un “erede” designato e mantengono Mara al centro come figura madre, al tempo stesso leader e regista del nuovo impianto.

Cosa aspettarsi dalla nuova Domenica In

La cinquantesima edizione partirà domenica 21 settembre alle 14 su Rai 1, con una premiere dal forte valore simbolico. Mara aveva immaginato di festeggiare i 50 anni insieme a Pippo Baudo, uno dei padri storici del programma, ma la sua scomparsa lo scorso 16 agosto renderà la puntata d’esordio un momento di commozione e memoria.

Le novità pensate per l’anniversario sono tante:

  • Un nuovo salotto dello spettacolo, con tre o quattro ospiti di grande richiamo per chiacchierate più lunghe e personali.
  • Un gioco telefonico, per coinvolgere attivamente il pubblico a casa e in studio, recuperando la tradizione dell’interattività.
  • Un omaggio alla grande tradizione Rai, con corpo di ballo e stacchetti coreografici.
  • Una sezione dedicata alla memoria del programma, con filmati d’archivio, contributi storici e ospiti legati alle vecchie edizioni.

A tutto questo si aggiungono un logo nuovo di zecca e una scenografia rinnovata che vestirà gli Studi Fabrizio Frizzi, ormai storica casa della trasmissione. Il progetto, insomma, è ambizioso: celebrare mezzo secolo di storia e, allo stesso tempo, guardare avanti, con una Domenica In più corale, più ritmata e capace di parlare a più generazioni.

Mezzo secolo di Domenica In: l’evoluzione dello specchio del Paese

L’intuizione di Corrado e la nascita del “domenicainismo”

Il 3 ottobre 1976 è una data che ha cambiato la storia della televisione italiana. Quel pomeriggio, dagli studi Rai, Corrado Mantoni portò per la prima volta in onda Domenica In. Un’idea semplice ma geniale: trasformare il pomeriggio festivo in un unico, lunghissimo contenitore da sei ore, capace di accompagnare gli italiani dal pranzo alla sera. Non più programmi separati, ma un flusso continuo che diventava un appuntamento fisso per milioni di famiglie.

La Rai di allora era in pieno fermento creativo. Sulla seconda rete, Renzo Arbore sperimentava con L’Altra Domenica, trasgressiva e alternativa. Sull’ammiraglia, invece, Domenica In si propose come il volto istituzionale e familiare, senza rinunciare a un tocco innovativo. Dentro al contenitore c’era di tutto: ospiti, giochi telefonici, musica, interazioni col pubblico. Nel 1977 arrivò anche Discoring, la classifica musicale che diventò un cult.

Il successo fu immediato. Non era solo un programma, ma un vero fenomeno sociale. L’attrice Franca Valeri lo battezzò “domenicainismo, per descrivere quell’abitudine tutta nuova: passare la domenica pomeriggio davanti alla tv, insieme al resto del Paese. Da quel momento, la domenica italiana non fu più la stessa: diventò un rito laico condiviso, con la televisione al centro della vita familiare.

Le grandi ere della conduzione: i volti che hanno plasmato il programma

La storia di Domenica In è un mosaico di volti e stili diversi, ognuno capace di interpretare un’epoca e lasciare il segno. Se il format è sopravvissuto a mezzo secolo, lo deve alla personalità dei suoi conduttori, che hanno saputo reinventarlo ogni volta.

  • L’era Corrado (1976-1979): l’inizio. Corrado non fu solo il primo conduttore, ma il vero architetto del programma. Con la sua ironia garbata, la sua eleganza e la capacità di instaurare fiducia con il pubblico, trasformò il pomeriggio festivo in un salotto rassicurante. In un’Italia segnata dagli “anni di piombo”, Domenica In offriva leggerezza e cultura mescolate con naturalezza.
  • L’era Pippo Baudo (1979-1985; 1991-1992; 2005-2010): la consacrazione monumentale. Con Pippo, il programma diventò il palcoscenico per eccellenza della tv italiana. Interviste-evento, talenti lanciati da zero, ospiti internazionali: ogni puntata era uno show a sé. Baudo gestiva tutto con piglio da direttore d’orchestra e portò Domenica In al centro dell’immaginario collettivo.
  • L’era Raffaella Carrà (1986-1987): la modernità esplosiva. La Carrà portò colore, ritmo, glamour e uno stile internazionale. In un solo anno lasciò il segno con la sua energia contagiosa, incarnando lo spirito ottimista degli anni ’80 e trasformando il programma in uno spettacolo veloce, giovane e pop.

Accanto a questi giganti, non mancarono esperimenti curiosi: Mino Damato (1985-1986) puntò su un taglio più giornalistico e spettacolare – arrivando perfino a camminare sui carboni ardenti in diretta. Nei primi anni ’90, Toto Cutugno e Alba Parietti (1992-1993) tentarono la strada della conduzione a due voci, tra tensioni e momenti pop che rispecchiavano i gusti dell’epoca. Ogni stagione, insomma, fu uno specchio dei cambiamenti culturali del Paese.

Periodo Conduttore/i Principale/i Analisi dell’Impatto e Evoluzione del Format
1976-1979 Corrado L’Era Fondativa. Crea il format “contenitore”, una maratona in diretta che ridefinisce la domenica televisiva. Stile elegante, rassicurante e professionale. Nasce il “domenicainismo”.
1979-1985 Pippo Baudo L’Era Monumentale. Trasforma il programma in un grande show-evento, palcoscenico principale per star nazionali e internazionali. La conduzione diventa centrale e autoriale.
1985-1986 Mino Damato La Svolta Giornalistica. Introduce un taglio più serioso e di approfondimento, con momenti spettacolari e controversi (es. i carboni ardenti) per mantenere l’audience.
1986-1987 Raffaella Carrà L’Iniezione di Energia. Porta nel format un linguaggio moderno, dinamico e internazionale, basato su musica, ballo e grande spettacolo, incarnando lo spirito degli anni ’80.
1987-1988 Lino Banfi L’Interludio della Commedia. La conduzione è affidata a un grande attore comico, spostando il baricentro verso un intrattenimento popolare e familiare.
1993-1997 Mara Venier La Nascita della “Zia d’Italia”. Inizia la prima, lunga era Venier. Il format si trasforma in un “salotto” empatico e spontaneo. La conduttrice diventa il cuore emotivo del programma.
1997-1998 Fabrizio Frizzi Il Garbo e la Professionalità. Frizzi porta il suo stile gentile e familiare, mantenendo la struttura del talk show ma con un’impronta di grande professionalità e controllo.
2003-2004 Paolo Bonolis La Rivoluzione Irriverente. Bonolis stravolge il format con il suo stile ironico, dissacrante e ritmato, introducendo elementi di rottura e un linguaggio televisivo innovativo.
2005-2013 Segmentazione L’Era della Frammentazione. Il programma viene diviso in blocchi con conduttori diversi (Giletti con “L’Arena”, Baudo, Cuccarini, ecc.). Si sperimenta un modello “magazine” per competere con la concorrenza.
2018-2025 Mara Venier Il Ritorno e la Consacrazione. Venier torna alla guida in solitaria, riportando il programma al successo con la sua formula basata sull’autenticità e l’emozione. Il format torna a essere fortemente identitario.

L’era Venier: la consacrazione della “zia d’Italia”

Se c’è un nome che più di tutti ha plasmato Domenica In negli ultimi decenni, è quello di Mara Venier. La sua storia con il programma inizia nel 1993, quando fu chiamata al fianco di Luca Giurato. Da subito portò un modo di condurre diverso: meno impostato, più istintivo, capace di creare connessioni emotive autentiche. Era il suo marchio di fabbrica, e piacque subito al pubblico, che la incoronò “Signora della Domenica”.

Dopo quel primo ciclo, Mara è tornata più volte alla guida del programma (2001-2003, 2004-2006, 2013-2014), ogni volta riportando identità e calore al format. Ma è dal 2018, con il suo ritorno trionfale, che ha iniziato l’era della consacrazione definitiva. In una tv sempre più competitiva, Mara ha puntato tutto sulla sua cifra più autentica: trasformare il programma in un’esperienza umana, fatta di interviste intime, commozioni spontanee e momenti veri.

La sua forza è stata anche quella di adattarsi ai tempi. Le sue gaffe e la sua spontaneità l’hanno resa un’icona social, seguitissima anche dai più giovani. Così è diventata “Zia Mara”, una figura trasversale che unisce generazioni diverse e rende Domenica In un rifugio sicuro, un luogo di emozioni e familiarità. Con Mara, il programma non è solo condotto: è vissuto. Lei e Domenica In sono diventati una cosa sola.

Momenti indimenticabili e controversie – quando la diretta ha fatto la storia

La forza (e il rischio) di Domenica In è sempre stata la sua natura: una lunga diretta senza rete, dove può succedere di tutto. In cinquant’anni, questo salotto domenicale ha regalato pagine di tv memorabili, ma anche scivoloni clamorosi. È stato un palco per la cronaca, uno specchio della società e, a volte, un’arena di scontri che hanno fatto discutere per giorni.

Pagine di storia: la diretta come servizio pubblico

Spesso il programma ha dovuto mettere da parte la leggerezza e affrontare eventi che scuotevano l’Italia.

  • La tragedia di Vermicino (1981): il 14 giugno, all’indomani della morte del piccolo Alfredo Rampi, Pippo Baudo aprì la puntata con un discorso rimasto nella memoria. Con voce commossa, chiese quasi scusa al pubblico per la leggerezza che il programma avrebbe comunque proposto, riconoscendo la distanza tra intrattenimento e lutto nazionale. Un gesto di sensibilità che segnò un nuovo rapporto di onestà tra la tv e gli spettatori.
  • Il rapimento Moro (1978): il 19 marzo, tre giorni dopo la strage di via Fani, Corrado aprì la puntata con parole misurate e sobrie, invitando gli italiani a non perdere fiducia nello Stato. In un clima di paura e incertezza, Domenica In offrì un momento di compostezza collettiva.
  • La guerra in Iraq (2003): sotto la conduzione di Mara Venier, lo scoppio del conflitto portò a cambiare completamente registro. Collegamenti in diretta da Baghdad con Lilli Gruber, dibattiti in studio e approfondimenti trasformarono il contenitore in una vera finestra sul mondo, dimostrando quanto il programma sapesse adattarsi all’attualità.

Interviste e performance iconiche

Oltre alla cronaca, Domenica In è stata anche un palcoscenico di pura spettacolarità e improvvisazione.

  • Momenti di rottura e show: memorabile nel 1978 quando Corrado, ridendo e scherzando, tagliò i capelli a Rino Gaetano mentre cantava Nuntereggae più. Una scena surreale e spontanea, diventata cult. Negli anni di Pippo Baudo, il programma ospitò star mondiali come Tina Turner o Whitney Houston, rendendo la domenica Rai un punto d’incontro con il meglio della musica internazionale.
  • Le interviste del cuore: con Mara Venier le chiacchierate sono diventate l’anima del programma. Conversazioni intime e spesso commoventi – da Patty Pravo ad Achille Lauro, fino a Serena Rossi – hanno mostrato il lato più umano e fragile delle celebrità, trasformando ogni incontro in un momento di tv autentica e emozionante.

Gli scontri che hanno fatto epoca: polemiche e impatto sociale

La diretta non perdona: a volte regala emozioni, altre volte scatena polemiche che fanno storia.

  • Il caso Pappalardo-Zequila (2006): il 22 gennaio esplose la lite più famosa della tv italiana. In diretta, Adriano Pappalardo e Antonio Zequila si insultarono pesantemente, con lo sfogo di Zequila diventato virale: “Non ti permettere mai più!”. La rissa verbale costò alla Rai una multa da 200mila euro e aprì un dibattito enorme sulla tv “trash” e sulla responsabilità dei conduttori. Pappalardo, anni dopo, accusò Mara Venier di aver lasciato correre per alzare lo share, sostenendo che quell’episodio segnò la fine della sua carriera televisiva.
  • La polemica J-Ax (1998): ospite insieme agli Articolo 31 per festeggiare un disco di platino, il rapper lanciò in diretta un appello a favore della legalizzazione delle droghe leggere. In un programma familiare come Domenica In, fu una bomba. Scoppiò un putiferio mediatico e politico, dimostrando che il contenitore domenicale poteva trasformarsi all’improvviso in una cassa di risonanza per messaggi sociali e controculturali.

Il programma è arrivato a un punto di svolta importante, studiato con una cura che non si vedeva da tempo. La stagione 2025-2026 non è solo un omaggio nostalgico al passato, ma un progetto costruito per ripensare la domenica televisiva di Rai 1 in chiave moderna.

La nuova formula “corale” segna un passaggio evolutivo: una via di mezzo tra il modello classico, con un unico volto forte a guidare tutto, e quello più frammentato di un magazine con tanti spazi diversi. Con Mara Venier al centro – garanzia di continuità e calore per il pubblico fedele – e un team di co-conduttori come Cerno, Mammucari e Miccio a coprire registri differenti, la Rai prova a parlare a pubblici nuovi senza perdere l’anima storica del programma. È una scommessa rischiosa ma ambiziosa: mantenere la coerenza e la riconoscibilità di sempre, allargando allo stesso tempo i target.

Questa scelta va letta anche alla luce delle nuove sfide della tv. In un panorama dominato dall’on-demand, dalle piattaforme digitali e dalla concorrenza sempre più serrata, un format monolitico rischia di apparire datato. La divisione in blocchi della nuova Domenica In è pensata per dare più ritmo, varietà e freschezza, così da tenere incollato lo spettatore ed evitare cali di attenzione.

In definitiva, Domenica In festeggia i suoi 50 anni guardando avanti: celebra la sua eredità ma allo stesso tempo prova a rigenerarsi. Per mezzo secolo è stata più di un semplice show: un compagno di viaggio, un luogo di racconto, un’arena di confronto e lo specchio in cui l’Italia ha visto riflessi i propri cambiamenti. La sfida di oggi è continuare a esserlo anche nell’era digitale, dimostrando che il rito collettivo della domenica pomeriggio ha ancora un valore unico nel mantenere viva la memoria e l’identità di un Paese.

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