The Pitt affronta i tagli di Trump alla sanità: la società raccontata dai medical drama
The Pitt

La seconda stagione di The Pitt affronterà il tema dei tagli di Trump alla sanità – e a tutto il (poco) welfare USA – conseguenza del suo recente “The One Big Beautiful Bill”. “Non è una presa di posizione politica, è un dato di fatto: i tagli avranno conseguenze immediate e concrete nei Pronto Soccorso e nessuno lo mette in discussione” dicono i produttori. Il medical drama si conferma il raccolto più sociale – e attuale – di tutti.

 

In una recente intervista a Variety, i produttori di The Pitt hanno dato qualche anticipazione sulla seconda stagione del medical drama che ha visto il ritorno di Noah Wyle tra i corridoi di un Pronto Soccorso dopo E.R. – Medici in prima linea. Di quella serie-simbolo non si ‘recupera’ solo uno dei protagonisti, ma anche uno dei suoi produttori storici, R. Scott Gemmill, e il concept narrativo, ovvero il racconto quotidiano di un Pronto Soccorso di una grande città – in questo caso Pittsburgh e il il suo fittizio Pittsburgh Trauma Medical Hospital – perennemente sotto organico. In pratica la vita di ogni pronto soccorso pubblico nel mondo occidentale, o quasi. Di E.R. sta ripercorrendo anche le orme sul fronte delle candidature ai vari premi: alla sua prima stagione, The Pitt ha collezionato 13 nomination agli Emmy, tra cui quella come miglior serie drammatica e miglior attore protagonista con Noah Wyle.

The Pitt, la fiction è realtà: i tagli di Trump inevitabile motore narrativo

Intervistato insieme ai produttori esecutivi John Wells e R. Scott Gemmill, Wyle – che della serie è anche produttore – ha anticipato che nella nuova stagione si affronteranno le conseguenze dei tagli decisi da Donald Trump in quello che il presidente ha denominato “The One Big Beautiful Bill”, legge con la quale ha abbattuto le tasse per i cittadini americani determinando così un taglio stimato del 12% sui contributi per il servizio sanitario (una stima indica 930 miliardi di dollari in meno per Medicaid) e riduzioni sensibili per le politiche di sostegno allo studio, di supporto per i più deboli e per le energie rinnovabili.

“I tagli al Medicaid avranno un impatto significativo e non è necessario assumere una posizione politica per discuterne gli effetti concreti. Non voglio entrare nel merito e discutere se siano appropriate o meno né discutere di cosa abbia fatto, o non fatto, il Congresso. Di certo avranno conseguenze immediate e concrete nei Pronto Soccorso e su questo non c’è discussione, neanche politica. Ci sono senatori repubblicani che sono d’accordo sul fatto che questo sarà un problema” ha detto John Wells a Variety.

Una questione decisamente pratica, ancor più problematica per chi è in difficoltà economica e per le comunità più deboli: minori fondi a disposizione per l’assistenza sanitaria pubblica si traduce in un ricorso massiccio al Pronto Soccorso, l’unico posto dove puoi essere seguito. “I PS diventeranno sempre più affollati e sempre più l’unico tipo di assistenza per molti, ma i PS sono già al collasso. Il sistema è, inevitabilmente, a un punto di rotttura” ha ribadito R. Scott Gemmill.

Tutto questo non può non trovare posto nelle storylines di una serie che mira al realismo, a qualcosa di più della verosimiglianza, come spiega anche Wyle:

“Abbiamo una certa fiducia nel fatto di essere realistici nel nostro racconto: cerchiamo di rappresentare le cose come stanno, mostrando diversi aspetti di una stessa questione. Non esprimiamo giudizi, ma si fa un quadro della situazione cercando di essere il più accurati e realistici possibile. Alla fine diventa un po’ come un test di Rorschach.: vi si vede quello che si vuole vedere e si traggono le proprie conclusioni. Se guardando la serie si ha la sensazione che che il sistema sia insostenibile, ingiusto e sbilanciato verso certi gruppi sociali rispetto ad altri, beh forse lo è”.

Non solo tagli: nella seconda stagione – che dovrebbe debuttare a gennaio 2026 su HBO Max e la cui prima stagione sarà disponibile in Italia su Sky e Now dal 24 settembre – si parlerà anche delle deportazioni dell’ICE, della situazione degli immigrati regolari e irregolari, ormai al centro del mirino, delle disparità di trattamento per le comunità di colore e delle diverse minoranze etniche.

“Quando sai di poter raggiungere 10 milioni di persone (su HBO Max, ndr), e questo avveniva anche ai tempi di ER, hai la responsabilità di quello che pubblichi” ha ribadito Gemmill. Come a dire che non puoi raccontare storie, intese come ‘fregnacce’…

I medical drama termometro della società

Nella sua prima stagione, The Pitt ha affrontato diversi temi caldi della società USA (e direi comodamente occidentale su larga scala): si è parlato di violenza, di uso inappropriato di armi, di vaccini, di aborto, di tossicodipendenza, tutto raccontato dal punto di vista dei professionisti che quotidianamente combattono per la vita e la salute delle migliaia di persone che arrivano in Pronto Soccorso. Storie individuali che fanno società: il privato è politico e così le storie dei singoli diventano simulacro dei molti. Le puntate 12 e 13, incentrate su una sparatoria di massa, sono state giudicate “vero servizio pubblico”.

ER - Emergency Room S1E1 - Still photo

Nulla di nuovo, verrebbe da dire. I medical trattano di sanità, no? Beh, come sempre è nel come, non solo nel cosa. Intanto si scelgono temi controversi come vaccino e aborto, anche da noi piuttosto spinosi da trattare e non solo nella fiction, in un clima sociale e politico sempre più ostile. Una cifra, quella dell’apertura mentale e della passione per la realtà, comune a E.R., che ha raccontato nelle sue 15 stagioni sulla NBC (e non su una OTT) – con 22 puntate da 50′ in media per ogni stagione tv consecutiva (non 15 da binge-watching) – ogni tipo di storia medica controversa, introducendo temi come l’omosessualità, i tabù interrazziali, il suicidio, la scarsa sicurezza sul posto di lavoro, la fatica di una professione logorante, le difficoltà ‘aziendali’, l’arrivismo, la malasanità… E.R. ha raccontato la società a una società più di quanto possono aver fatto reportage e tg, dai più indipendenti ai più politicizzati.

In un certo senso lo ha fatto, con le dovute differenze, anche Grey’s Anatomy: ne parlo al passato perché i casi medici hanno sempre più lasciato spazio alle sole storylines soap, ma la serie ha saputo trattare con delicatezza – lontana dalla graffiante durezza di E.R. ereditata, e amplificata, da The Pitt – temi difficili, normalizzando quel che per il pubblico conservatore sarebbe stato inconcepibile. L’ultimo guizzo Grey’s Anatomy lo ha avuto nella stagione 17 con il Covid, ovvero quando ha ricordato agli statunitensi che non stavano guardando un disaster movie, né una linea narrativa apocalittica che tanto piace a Shonda Rhimes, ma che la realtà aveva superato anche l’inclinazione di Shondaland a creare universi disforici.

 

Una risorsa da sfruttare

Diciamo che la mia esperienza diretta si ferma alle serie USA e a quelle italiane: mi mancano altri mercati e mi spiace. Anche nel racconto più demenziale made in USA ambientato nelle corsie di un ospedale c’è uno sguardo al quotidiano. Da noi si fa più fatica ed è un peccato. Storicamente le serie medical sono ‘eroiche’, incentrate sull’empatia e la qualità umana, prima ancora che professionale, del medico protagonista. Difficile avere un protagonista a tinte fosche o ambiguo (se c’è, c’è anche una motivazione che lo giustifica agli occhi dei telespettatori), le storie sono edulcorate ed esemplari. Il sacrificio vince (quasi) su tutto. Diciamo che c’è più realismo medico nei casi presentati da Minerva Salute su Tik Tok – sia pure ricontestualizzati per questioni di privacy – che una intera stagione di medical, genere che peraltro da noi non ha mai preso molto piede forse proprio per quella necessità di realismo che ormai è sempre più richiesta. Tolto DOC, diventato un piccolo fenomeno, la memoria corre ad Amico mio (Rai, 1993-1994), La dottoressa Giò (Mediaset, 1997-1998, 2015), Nati ieri (Mediaset, 2006-2007), Medicina Generale (Rai, 2007-2009), Crimini bianchi (Mediaset, 2007-2008), Terapia d’urgenza (Rai, 2008-2009) e una indimenticabile Camici bianchi, AD 2001, che meriterebbe un rewatch. Poi restano solo Gli occhi del cuore

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