

Cosa bevono e cosa mangiano i personaggi di Stranger Things: fra “placement” organici e sponsorizzazioni
Stranger Things è il trionfo dell’estetica e del gusto degli anni ’80. Questa serie tv, davvero poco convenzionale rispetto alla normalizzazione rassicurante cui tendono le produzioni di Netflix – basti pensare a come hanno normalizzato persino la distopia di Black Mirrir – va ben oltre i numeri record di spettatori registrati da Netflix. La serie è diventata un autentico fenomeno culturale, sapientemente costruito sull’evocazione della nostalgia per gli anni ’80.
Attraverso un’estetica visiva precisa, una colonna sonora evocativam, un’immersione profonda nel consumismo e nelle ansie dell’epoca, lo show ha creato un terreno estremamente fertile per le citazioni di brand di ogni genere: l’ambientazione, la moda, i gadget e i prodotti alimentari non sono semplici dettagli scenografici, ma elementi narrativi che contribuiscono a definire i personaggi e l’atmosfera, rendendo il mondo di Hawkins, Indiana, tangibilmente familiare e desiderabile per il pubblico.
Stranger Things, cibo, bevande e ristorazione: nutrire la nostalgia
Il settore alimentare e delle bevande ha rappresentato uno dei pilastri delle partnership con Stranger Things, sfruttando la forza della nostalgia e l’integrazione narrativa per ottenere risultati di vasto impatto. Vediamo nel dettaglio le varie realtà citate con accordi commerciali annessi o meno.
Stranger Things e la Coca-Cola (New Coke)
Il caso di Coca-Cola è senza dubbio il più eclatante e discusso. La presenza della “New Coke,” una formula storicamente fallimentare lanciata nel 1985, è stata una scelta narrativa intenzionale da parte dei creatori della serie, i Duffer Brothers, per riflettere fedelmente la cultura pop dell’epoca. Ma anche un product placement con un accordo commerciale.
In Italia sappiamo poco di questa storia, ma la New Coke fu un mezzo disastro per la Coca-Cola: il pubblico la accolse malissimo e ci furono iniziative di ogni genere contro la nuova formula della bevanda. Gay Mullins, un pensionato di Seattle, fondò gli Old Cola Drinkers of America per fare pressione sulla Coca-Cola affinché reintroducesse la vecchia formula o la vendesse a qualcun altro. La sua organizzazione ricevette oltre 60mila telefonate. Mullins presentò anche una class action contro l’azienda. Un giudice respinse molto rapidamente l’azione, ma ci tenne a precisare che preferiva il gusto della Pepsi. In due test informali di degustazione alla cieca, però, Mullins – che in realtà voleva fondare un’azienda di pr e mirava proprio alla Coca Cola come cliente (!) – non riuscì a distinguere la New Coke dalla vecchia o espresse una preferenza per la New Coke.
Comunque, Coca Cola ha deciso di approfittare della terza stagione di Stranger Things, ambientata proprio nel 1985, per un lancio speciale: ha reintrodotto il prodotto, in vendita in 500mila lattine. In termini quantitativi, Coca-Cola ha accumulato più di 33 miliardi di impressioni medie totali in un periodo di 60 giorni, generando un valore media stimato di 1,2 miliardi di dollari. Nonostante questi numeri strabilianti, la sua integrazione dentro alla storia è stata ampiamente percepita in modo negativo. I critici e gli spettatori hanno definito il posizionamento “troppo palese e forzato”. C’è un dialogo fra Lucas e Max: i due discutono di quale sia il loro gusto preferito, paragonando la New Coke alla versione originale. Lucas difende la New Coke, affermando che “è più dolce, più audace e migliore” rispetto all’originale, mentre Max è scettica: secondo lei l’originale è sempre la migliore.
Online, il dialogo è stato definito imbarazzante. Ma è anche probabile che chi lo ha definito tale sottovaluti l’impatto che l’introduzione della New Coke ha avuto nel 1985. Per alcuni, l’associazione con il brand è stata minata dalla mancanza di autenticità narrativa. Per altri è stato l’ennesimo ammiccamento a un’epoca che ci ha segnati, nel bene e nel male.
Stranger Things e Eggo
L’approccio di Eggo è stato diametralmente opposto e di grande successo. Le cialde Eggo non sono un semplice prop, ma un elemento narrativo centrale che definisce il personaggio di Eleven. Il suo amore per gli Eggo simboleggia la sua scoperta e il suo legame con il mondo “normale” e con la sua nuova famiglia improvvisata. Il successo della serie ha conferito una “rilevanza culturale” a un marchio che, secondo un’analisi di mercato, stava vivendo un calo delle vendite prima del debutto dello show. La collocazione, definita come “serendipitous” (fortuita), ha rinvigorito un brand vecchio di 65 anni. Il placement, a quanto pare, non è stato percepito come pubblicità, ma come una parte integrante e iconica della narrazione, portando a un boom di vendite e a una forte fidelizzazione del pubblico. E poi a un accordo commerciale. In vista della stagione finale ci sono, ovviamente, gli Eggo Upside Down.
Stranger Things e Baskin Robbins (Scoops Ahoy)
Questo è un caso studio esemplare di una partnership di licensing di successo che non si è basata sul product placement diretto ma che fa il giro e parte dalla serie per arrivare nella vita vera. Sebbene il marchio di gelati “Scoops Ahoy” – la gelateria in cui lavorano Steve e Robin – sia fittizio all’interno della serie, Baskin Robbins, di proprietà di Dunkin’ Brands, ha ricreato il locale nel mondo reale, in una sua location in California.
Questa iniziativa ha generato un aumento delle vendite del 150% in quella specifica sede in circa due settimane. La strategia, focalizzata su un’esperienza “fan-centrica”: ha fruttato oltre 5 miliardi di impressioni media e 208 milioni di dollari in valore media per l’azienda, dimostrando che i brand possono capitalizzare sul successo di una serie TV anche al di fuori della narrazione stessa, evitando i rischi del posizionamento forzato.
Stranger Things e Burger King
L’integrazione di Burger King è stata considerata “assolutamente realistica” per la sua perfetta aderenza a conversazioni e contesti autentici, ed è stata descritta come un’operazione “fenomenale”. Il marchio ha ottenuto un’esposizione significativa, generando 5 miliardi di reach digitale e 76 milioni di dollari in valore media.
Stranger Things e Jif Peanut Butter
Questo marchio è un altro esempio di integrazione organica. Il burro d’arachidi Jif Peanut Butter è un cibo ricorrente, mangiato spesso dai personaggi della serie. E poi è diventato un elemento fondamentale per la trama della quarta stagione. Il contrabbandiere Yuri, infatti, dice che è vietato in Unione Sovietica e ne fa una merce di scambio. Quando Hopper lo trova, se lo mangia di gusto direttamente con le mani nel barattolo.
Altri marchi alimentari e di bevande in Stranger Things
Il Starcourt Mall, centro nevralgico della terza stagione, ha offerto un’ampia vetrina per marchi reali e fittizi. Tra i marchi alimentari freali igurano Taco Bell, Imperial Panda, Orange Julius, Hot Sam Pretzels, New York Pizza, Tepanyaki Japanese e The Great Cookie Co.. Orange Julius, in particolare, ha beneficiato di pubblicità gratuita senza una partnership ufficiale, evidenziando il valore spontaneo che la serie può generare. Oltre a Coca-Cola, altri marchi di soft drink come Pepsi, 7UP, Sprite e Dr Pepper hanno avuto un placement nella quarta stagione, anche se con un valore significativamente inferiore rispetto a Coca Cola.





