

La tv dei ragazzi è in streaming. Stand by me (casa di produzione del Mezzogiorno di Antonella Clerici) sull’onda di Di4ri, presidia su Netflix il racconto televisivo della scuola secondaria di I grado
Le cose cambiano, Dawson. Evolvono.
Così sentenziava Joey Potter all’amico del cuore nella puntata pilota di Dawson’s creek (1998). Ma già la prima friendzone conclamata, in una serie adolescenziale, aveva un sapore gattopardesco: da lì in poi tutto sarebbe cambiato tra i due amici illibati, ma in realtà nulla sarebbe cambiato davvero.
La stessa logica accompagna dichiaratamente il passaggio di consegna tra Di4ri (2022) e Riv4li (2025), serie accomunate tanto dall’assonanza e dalla crittografia anti-ban dei titoli quanto dalla casa di produzione (Stand by me) e dalla piattaforma (Netflix) che la trasmette.
Simona Ercolani, storica autrice tv tra le firme della serie
D’altronde, un filo conduttore tra le due produzioni è dato dall’impronta, ora come sceneggiatrice ora come creatrice, della Ceo Simona Ercolani, autrice televisiva di lungo corso che ha firmato emotional show e reality nazionalpopolari sulla generalista come Adesso sposami (2003) su RaiUno, Uno due tre stalla (2007) su Canale5 – in collaborazione con la Fascino di Maria De Filippi in corso d’opera – e l’incompreso esperimento Uman – Take control! (2001) su Italia1, prima di concentrarsi su una scrittura televisiva autoprodotta e di più ampio respiro. La sua esperienza in materia teen era gia cominciata con la produzione della serie Jams (2019-2022) su Rai Play.
Riv4li e Di4ri a confronto
È evidente che Riv4li sia ripartita dalla seconda stagione di Di4ri, più ritmata e meno naif della precedente, ricalcandone le dinamiche narrative più riuscite: la lotta tra fazioni interne alla classe (ora Insider e Outsider), la rappresentazione di forme di disagio giovanile e di contrasto al bullismo, lo spaccato di una incomunicabilità generazionale tra ragazzi, docenti e genitori resa dalle metafore del ponte e del muro. Da entrambe le serie gli adulti escono a pezzi, come degli automi sfasciafamiglie che vivono per il lavoro; lo sguardo con cui, da spettatori, li giudichiamo sembra restituire il dolore con cui i figli ne lamentano l’assenza.
Claudio, uno dei protagonisti della serie interpretato dall’attore-rivelazione in Il ragazzo dai pantaloni rosa (2024), Samuele Carrino, non vuole l’ennesimo regalo costoso dal padre per festeggiare una eventuale vittoria del torneo di calcio (a Di4ri si praticava basket), ma tiene alla sua presenza sugli spalti più di ogni altra cosa al mondo. Peccato che il padre si dichiari assente giustificato mentre fattura a Dubai:
Lo faccio per il tuo bene.
Riv4li, rispetto a Di4ri, finisce per esasperare – con efficace estremismo narrativo – l’emergenza educativa che dalla società si sta riverberando nella scuola, sino a raggiungere la punta dell’iceberg: i traguardi finali raggiunti dai ragazzi sono frutto di un gioco di squadra autosufficiente che esclude qualsiasi punto di riferimento formativo. Al massimo, per andare sul sicuro, si fa affidamento sul cameo del Masaniello di Di4ri (il figaccione Pietro interpretato da Andrea Arru, che ritrova a sua volta nel cast il Carrino dei Pantaloni rosa, per la gioia del pubblico): tra ribelli ci si intende, anche se entrambi fanno più il verso a due fighettini dei Parioli che ai Ragazzi di vita di Pasolini.
Modelli tra gli adulti? Mai pervenuti. Mentre il dirigente scolastico di Di4ri conservava, nel suo piglio fermo e severo, una certa autorevolezza, la preside di Riv4li passa da una rappresentazione macchiettistica di figura bacchettona e ostile al dialogo ad una immagine vulnerabile: finisce per cospargersi il capo di cenere tornando sui suoi passi.
In compenso, la scrittura sottesa alla serie nutre fiducia nei valori intrinseci alla Generazione Zeta (che già parla ormai agli Alpha): è il primo appuntamento di Claudio e Terry (alias Kartika Malavasi, una Greta Thunberg all’amatriciana che, arrivando dritta da Roma nella serie, si impone come protagonista femminile visto che la sceneggiatura è meno corale di Di4ri) e all’improvviso li vediamo discorrere dell’impatto del cambiamenti climatici sull’Arno: cotanta sensibilità green sembra ben sposarsi, strategicamente, con l’Agenda 2030 Onu per lo sviluppo sostenibile. In più, quasi tutti i personaggi rifuggono dai compiti a casa, ma coltivano nel tempo libero passioni più sane dei social come lo sport o la musica, con l’impegno a suonare uno strumento.
L’idea di fondo è quella di coltivare un nuovo genere televisivo che di necessità fa virtù: un eduteenment, ossia edutainment a misura di teen che si autoregolano, con il patrocinio di Ministero della Cultura e Toscana Film Commission e collaborazioni, nei titoli di coda, con editori scolastici quali Giunti e Loescher. Il mondo della scuola rimane, quindi, da sfondo nella tessitura del racconto, con aule ben pettinate all’interno di un’edilizia storica di pregio, pur non facendo realmente la differenza nei destini dei personaggi: l’adolescenza è fatta di ragazzi disposti ancora a lottare fuori dalla scuola per migliorarla.
Dopo Caro maestro, solo liceali nelle serie tv sulla scuola
In questo modo Netflix apre a una pedagogia contemporanea, in qualche modo salvifica pur nella sua autoreferenzialità, che guarda più alle produzioni Disney di ieri che al resto della library personale: la generalista ha quasi sempre rinunciato a raccontare la scuola del primo ciclo di istruzione, se si esclude il Caro maestro delle elementari di Marco Columbro che faceva sognare nel 1996, privilegiando in seguito, dai Liceali (2008-2011) di Canale5 fino a Fuoriclasse (2011-2015) e Un professore (2021-) su RaiUno, il racconto degli adolescenti puri.
Quelli dell’intervallo: la novità degli anni Duemila
Negli anni 2005-2008 era piuttosto Disney Channel con Quelli dell’intervallo (oggi disponibile su Disney Plus) a porsi in ascolto dei ragazzi in pubertà e del loro bisogno di relazioni autentiche, trasformando persino personaggi vulnerabili come il Secchia (Marc Tainon) in risorse della classe. La sitcom, andata in onda dal 2005 al 2008, era una Camera Cafè in formato ricreazione, raccontando con telecamera fissa il momento della giornata scolastica in cui i ragazzi interagiscono in maniera autonoma dagli adulti (di contro, confinati a voci fuori campo come in Tom and Jerry).
Il catalogo internazionale Netflix, d’altro canto, straborda di serie che i ragazzini guardano di nascosto nonostante i contenuti non proprio accessibili (Squid game), o che virano verso tendenze puramente di massa (da ultimo, Kpop Demon Hunters).
Rita, la serie danese (politicamente scorretta) sulla scuola
Se si cerca sempre su Netflix un altro prodotto puro sulla scuola del primo ciclo di istruzione, ci si imbatte in una serie danese di cinque stagioni chiusa nel 2020 (con un tracollo narrativo iniziato alla fine della terza stagione). Rita può essere definita l’anti-Riv4li nella misura in cui mostra la lavagna d’ardesia dal punto di vista dei docenti in cattedra. Il paradosso vuole che un prodotto riconducibile al contesto delle avanguardie educative del Nord Europa preferisca smontarne il mito dall’interno, raccontando le problematiche concrete di apprendimento degli alunni e lasciando ancora agli adulti il ruolo di districarsi nella complessità del quotidiano scolastico.
Rimane aperta una domanda, ossia se sia più educativa una prof come Rita che lotta per la scuola pur sbagliando, quando instaura una relazione intima con un papà o fa doposcuola a casa propria per gli alunni più problematici. O un prof con la coscienza a posto in una scuola tirata a lucido, ma non ancora del tutto digitale, come la Montalcini di Pisa, in cui i ragazzi si risolvono i problemi da soli. Quale sia più apprezzabile delle due soluzioni, rimane il tentativo di Stand by me, pur con qualche ingenuità attoriale e perbenismo tutto italiano, di ribaltare il paradigma, di non dare l’ultima parola ai grandi e di allevare un vivaio di attori in erba pronti per la grande visibilità. Nei primi anni Novanta lo aveva intuito per primo Gianni Boncompagni, mettendo in un angolo il conduttore Paolo Bonolis a favore delle lolite di Non è la Rai…



