

MTV ha cambiato il modo di vedere la musica. Oggi chiude i suoi canali musicali (anche se non ovunque), ma il suo linguaggio vive nei social, nei videoclip e nella nostalgia di una generazione.
MTV è stato molto più di un canale: è stato il megafono di un’intera generazione. Nato per trasmettere videoclip, ha finito per ridefinire il rapporto tra musica, immagine e cultura pop. Negli anni ’80 e ’90 non c’era artista che potesse sfondare senza passare da lì. Ma quella rivoluzione, che ha trasformato la musica in televisione e la televisione in musica, oggi sembra arrivata al suo punto di chiusura.
La recente notizia della dismissione dei canali musicali di MTV nel Regno Unito e in altre parti d’Europa non è solo un fatto di palinsesti, ma un segnale preciso: il sogno del video 24 ore su 24 è finito. MTV non sparisce, ma cambia ancora una volta pelle. Da emittente musicale a marchio di intrattenimento globale, da rifugio dei teenager a universo di reality, social e streaming.
Cerchiamo di andare più a fondo, proviamo a tracciare la traiettoria della sua storia: dalla nascita rivoluzionaria alla frammentazione contemporanea, passando per tutte le mutazioni che hanno permesso a MTV di sopravvivere a quarant’anni di rivoluzioni mediatiche. Non è una storia di decadenza, ma di adattamento continuo. Perché, in fondo, questo canale ha sempre fatto una cosa sola: capire prima degli altri dove si stava spostando l’attenzione del pubblico.
Ripercorreremo l’impatto globale del canale, dalla nascita alla trasformazione in brand planetario; fotograferemo il presente, con la frammentazione dell’offerta e la perdita dell’anima musicale; ci concentreremo poi sul caso italiano, raccontando come MTV Italia sia passata dal simbolo di libertà giovanile a un ricordo culturale.
Alla fine resta una domanda semplice ma inevitabile: che fine ha fatto MTV, e cosa significa oggi essere “musicali” in un mondo che non guarda più la musica?
La rivoluzione globale della ‘Music Television’
1981–1989: quando “Video Killed the Radio Star” diventò profezia
È mezzanotte del 1° agosto 1981. Su un piccolo canale via cavo americano, parte un filmato che mostra un astronauta piantare una bandiera con un logo mai visto prima: MTV. Poi, il primo video musicale destinato a entrare nella storia: Video Killed the Radio Star degli allora semisconosciuti Buggles.
In quel momento, nasce un nuovo modo di vivere la musica. Da ascoltare, certo, ma anche da guardare, da indossare, da imitare.
MTV non era solo un canale, era un’idea. Per la prima volta qualcuno pensò di riempire 24 ore al giorno con videoclip, uno dietro l’altro, creando un flusso ininterrotto di immagini e suoni. Un’idea così semplice da sembrare folle, ma che avrebbe riscritto l’intero DNA dell’industria musicale. Con un dettaglio tecnico rivoluzionario per l’epoca: il suono stereo, quando ancora la TV tradizionale trasmetteva in mono.
A dare un volto al nuovo linguaggio furono i VJ, i video jockey: ragazzi e ragazze che presentavano i clip, intervistavano gli artisti, parlavano al pubblico con un tono diretto, amichevole, quasi radiofonico. Mark Goodman, Nina Blackwood, Martha Quinn e gli altri divennero i nuovi idoli della generazione cavo. MTV aveva inventato un linguaggio televisivo e, allo stesso tempo, un nuovo tipo di star.
La vera rivoluzione arrivò quando la rete si trovò davanti alla sua prima grande crisi. All’inizio, MTV trasmetteva quasi esclusivamente artisti bianchi. Poi accadde qualcosa che cambiò tutto: Billie Jean di Michael Jackson. Quando CBS Records minacciò di ritirare i propri artisti se il video non fosse andato in onda, MTV cedette. E fece bene. Quella decisione abbatté la barriera razziale del canale e lanciò la prima icona globale del pop visivo. Da lì nacque il cosiddetto effetto MTV: se il tuo video girava sul canale, il tuo disco esplodeva.
Con Thriller, Michael Jackson trasformò il videoclip in cinema. Un corto da 14 minuti diretto da John Landis e costato mezzo milione di dollari. Da quel momento, ogni artista capì che non bastava più una canzone: serviva un’immagine, un’estetica, un racconto. MTV aveva ucciso la radio star e ne aveva create milioni di nuove.
Anno | Evento | Descrizione |
1981 | Lancio di MTV | Nasce il primo canale al mondo dedicato 24/7 ai videoclip musicali. |
1983 | Trasmissione di “Billie Jean” | Il video di Michael Jackson rompe la barriera razziale del canale. |
1984 | Primi MTV Video Music Awards | MTV crea la propria cerimonia di premiazione, alternativa ai Grammy Awards. |
1987 | Nasce MTV Europe | Inizia l’espansione globale del marchio con un canale paneuropeo. |
1989 | Lancio di MTV Unplugged | Nasce il format iconico che presenta artisti in performance acustiche. |
1992 | Lancio di The Real World | Il canale sperimenta con successo il genere reality show, di cui è pioniere. |
1997 | Lancio di MTV Italia | Il marchio sbarca in Italia con una programmazione locale su Rete A. |
1998 | Lancio di TRL (Total Request Live) | Debutta il programma pomeridiano basato sulle richieste del pubblico, che diventerà un fenomeno culturale. |
Gli anni ’90: L’età d’oro e l’impero della cultura pop
Negli anni ’90 MTV era la cultura pop. Dettava la moda, il linguaggio, le icone e perfino la politica. Il grunge esplodeva con i Nirvana, l’alternative rock dominava con i R.E.M. e i Red Hot Chili Peppers, l’hip-hop saliva di rango con Yo! MTV Raps e artisti come Dr. Dre e Snoop Dogg. Ogni genere musicale trovava spazio, ogni tendenza nasceva lì.
Poi arrivarono i format. MTV Unplugged ridefinì il concetto di live: un artista, un palco piccolo, chitarre acustiche e autenticità. La session dei Nirvana del ’93 è diventata un documento storico. L’animazione entrò nel gioco con Beavis and Butt-Head e Daria, due serie che raccontavano l’adolescenza con sarcasmo e intelligenza, aprendo la strada al futuro della satira animata.
Persino l’informazione ebbe il suo volto giovane: MTV News parlava di musica, politica e diritti civili con un linguaggio diretto, lanciando nel 1992 la campagna Choose or Lose per convincere i giovani americani a votare.
Ma soprattutto MTV creò una generazione globale sincronizzata. Prima di internet, era l’unico luogo dove i ragazzi del mondo guardavano le stesse cose, negli stessi momenti. Le stesse canzoni, gli stessi look, gli stessi riferimenti. Dal guanto di pizzo di Madonna al cardigan logoro di Kurt Cobain, ogni stile diventava moda. MTV era un social network ante-litteram, una piazza globale prima dei feed.
Dopo il lancio di MTV Europe nel 1987, il brand si moltiplicò: nascevano MTV UK, MTV Asia, MTV Latin America e, poco dopo, MTV Italia. Ogni paese aveva i suoi VJ, la sua musica, la sua voce, ma lo stesso linguaggio visivo. Era la prima vera globalizzazione culturale.
2000-2010: quando la musica sparì dallo schermo
Poi arrivò internet, e la musica scappò.
All’inizio degli anni 2000, MTV cominciò a cambiare pelle. I videoclip diminuirono progressivamente, sostituiti da programmi più parlati, più “leggeri”, più vicini al reality show. Il simbolo di questo passaggio fu Total Request Live (TRL), condotto da Carson Daly: un mix di classifiche, chiacchiere e pubblico urlante. Era il successo del pop mainstream, ma anche l’inizio della fine per il vecchio MTV.
Nel frattempo, un altro fenomeno cresceva: YouTube. Bastò poco perché la gente capisse che poteva guardare i video che voleva, quando voleva. Senza attese, senza conduttori, senza palinsesto. MTV non era più indispensabile.
La risposta del canale fu radicale: via i video, dentro i reality. Da The Osbournes a Punk’d, da The Hills a Jersey Shore, MTV trovò un nuovo pubblico raccontando la vita (più o meno reale) dei giovani e delle celebrità. Era una nuova forma di intrattenimento pop: meno musica, più storie.
E funzionò, almeno per un po’. I costi erano più bassi, il pubblico più vasto, e i reality generavano conversazioni, meme, merchandising, community.
Ma qualcosa si ruppe. Il marchio Music Television non rappresentava più ciò che mandava in onda. Gli spettatori storici si sentirono traditi, la generazione YouTube se ne andò altrove, e la sigla I Want My MTV Back! cominciò a girare online come un grido nostalgico.
Oggi, con la chiusura dei canali musicali di MTV in Europa prevista per la fine del 2025, quella frattura trova la sua fine naturale. Non è una morte improvvisa, ma la conclusione di un lungo processo: MTV ha smesso di essere la casa della musica già da vent’anni. Ora chiude la porta, lasciando dietro di sé una delle rivoluzioni più potenti e contraddittorie della storia della televisione.
MTV Oggi: tra frammentazione globale, declino e sopravvivenza digitale
La rivoluzione digitale ha fatto esplodere il monopolio della “musica da guardare” e l’ha sparsa ovunque: su YouTube, Spotify, TikTok. Il videoclip non è più un evento da palinsesto, ma un contenuto da cliccare, condividere, remixare. Tutto è diventato on demand, immediato, personale.
In Italia, i numeri raccontano il sorpasso in modo netto: oltre il 90% degli adulti ascolta musica in streaming e il 74% lo fa su YouTube, che resta la piattaforma più usata per scoprire nuovi artisti. Lo stesso Spotify (che vi ricordiamo: è nato come servizio audio) oggi integra anche i video musicali, rendendo superfluo il vecchio concetto di canale tematico.
MTV, stretta tra colossi globali e nuove abitudini di fruizione, ha dovuto cambiare pelle per l’ennesima volta. La rete non è più il canale della musica, ma un marchio che vive di social, streaming e contenuti digitali. La musica, per MTV, è ormai solo una parte del suo passato: oggi punta tutto su un pubblico frammentato e fluido, sempre connesso ma mai fedele a un’unica piattaforma.
Il mondo di MTV adesso: un brand, mille versioni
MTV nel 2025 è ormai un arcipelago. Ogni nazione ha un suo stile, un suo pubblico e una propria strategia, ma ovunque domina una parola chiave: reality.
Negli Stati Uniti, dove tutto è cominciato, la musica è ormai un ricordo lontano. Il canale principale trasmette per ore e ore Ridiculousness, un collage di video virali, mentre il prime time è occupato da franchise storici come The Challenge, Teen Mom, Jersey Shore: Family Vacation e RuPaul’s Drag Race.
I canali ‘satellite’ sopravvivono con identità precise: MTV2 manda in onda vecchie sitcom anni ’90 e 2000 (Willy, il principe di Bel-Air è un evergreen), mentre MTV Classic è l’ultimo rifugio per i nostalgici, con blocchi musicali tematici come Rock Block e 90’s Nation. Curiosamente, gli Stati Uniti restano l’unico mercato che non è stato toccato dalle chiusure annunciate.
In America Latina, invece, la situazione è in piena transizione. Dal 2023 tutti i feed regionali (Nord, Sud e Centro) sono stati accorpati in un unico canale con base a Città del Messico. MTV Latin America mantiene ancora un po’ di musica — pop, reggaeton, K-pop — ma sempre meno ore, sempre più reality. Il Brasile, secondo le indiscrezioni, potrebbe addirittura perdere il suo canale principale entro la fine del 2025.
In Asia, l’iconico MTV Asia ha spento le luci il 1° settembre 2022, dopo 27 anni. Al suo posto sono rimasti canali tematici come MTV Live (dedicato ai concerti) e MTV 90s, eredi diretti della nostalgia musicale. Unica eccezione, MTV India, che resta un colosso locale con produzioni di culto come Roadies e Splitsvilla, capaci di fondere la formula reality con il linguaggio giovanile indiano.
In Europa, il mosaico è ancora più frammentato. MTV Europe si è diviso nel tempo in decine di versioni nazionali: UK, Italia, Germania, Polonia, Francia, fino alle microregioni dell’Est. Oggi però la direzione è una sola: ridurre, accorpare, chiudere. Il Regno Unito è il primo banco di prova, con un piano di dismissione che farà da modello per il resto del continente.
La chiusura del 2025: l’atto finale di una lunga agonia
Il 31 dicembre 2025 segnerà la fine simbolica di un’epoca.
Paramount Global, proprietaria del marchio, ha annunciato la chiusura definitiva di cinque canali musicali in Europa e in altre regioni del mondo. Un colpo durissimo per la memoria collettiva di chi è cresciuto con MTV accesa in sottofondo.
I canali destinati a sparire sono:
- MTV Music, il canale “madre” della musica contemporanea;
- MTV 80s, dedicato ai classici del decennio più iconico;
- MTV 90s, tempio del rock alternativo e del pop da nostalgia;
- Club MTV, regno di dance ed elettronica;
- MTV Live, spazio dedicato ai concerti e alle performance dal vivo.
Le prime chiusure interesseranno Regno Unito e Irlanda, poi toccherà a Francia, Germania, Polonia, Austria, Ungheria, Australia e Brasile. Gli Stati Uniti, invece, resteranno esclusi dal piano.
Paramount giustifica la decisione con due argomenti semplici:
- la musica lineare non ha più senso economico, in un mondo dove tutti guardano i video su YouTube o Spotify;
- serve un taglio ai costi: fino a 500 milioni di dollari di risparmi globali nel piano triennale dell’azienda.
Il canale principale, MTV HD, continuerà a esistere, ma sarà quasi totalmente dedicato ai reality e ai format di intrattenimento. Le ultime tracce di programmazione musicale spariranno del tutto dai palinsesti. Il marchio MTV sopravviverà come brand digitale e social, con contenuti distribuiti su Paramount+ e sulle piattaforme online.
In realtà, questa non è la fine della musica su MTV, quella è arrivata vent’anni fa con l’ascesa del web anche sul fronte della musica. Il 2025 sarà semplicemente la firma in calce al certificato di morte: la chiusura dei canali musicali non cancella qualcosa che c’era, ma qualcosa che non c’è più da tempo. È la conferma ufficiale che Music Television è ormai solo una sigla vintage.
Canale | Descrizione | Stato (Dicembre 2025) | Nazioni interessate |
MTV Music | Canale principale per videoclip contemporanei | Chiusura confermata | UK, Irlanda, Europa, Australia, Brasile |
MTV 80s | Videoclip e successi degli anni ’80 | Chiusura confermata | UK, Irlanda, Europa, Australia, Brasile |
MTV 90s | Videoclip di rock alternativo e pop anni ’90 | Chiusura confermata | UK, Irlanda, Europa, Australia, Brasile |
Club MTV | Musica dance ed elettronica | Chiusura confermata | UK, Irlanda, Europa, Australia, Brasile |
MTV Live | Performance dal vivo e concerti | Chiusura confermata | UK, Irlanda, Europa, Australia, Brasile |
La televisione musicale tra pionieri, boom, cannibalizzazioni e rebrand
I pionieri: Videomusic e Deejay Television
L’Italia aveva già imparato a guardare la musica. Il terreno lo prepara Videomusic: 2 aprile 1984, una delle prime emittenti interamente musicali in Europa, 24/7 di videoclip, interviste, concerti e programmi cult. La base non è Milano o Roma, ma Barga (Lucca): scelta coraggiosa e identità alternativa.
Si parte con “All Night Long” di Lionel Richie e si cresce con format come Hot Line e Heavy con Kleever, riprese live di tour internazionali (fino ai Nirvana) e VJ che diventano volti di generazione: Rick Hutton e Clive Griffiths su tutti.
Nel 1995 l’acquisto di Vittorio Cecchi Gori cambia rotta verso il generalismo; nel 1997 il marchio scompare per lasciare spazio a TMC2. Quella frequenza sarà la pista di decollo per MTV Italia nel 2001: la genealogia è diretta.
In parallelo, il pubblico generalista capisce che cos’è un videoclip grazie a Deejay Television (1983): prima su Canale 5, poi su Italia 1, il ponte tra la potentissima Radio Deejay di Claudio Cecchetto e la TV. La Deejay’s Gang è una fucina di futuri big: Gerry Scotti, Jovanotti, Amadeus, Fiorello. Non è un canale, ma un appuntamento di massa: classifiche, interviste, conduzione fresca che alfabetizza l’Italia al linguaggio del clip. Quando MTV arriverà, troverà un pubblico già pronto.
L’arrivo del gigante: la storia di MTV Italia
1° settembre 1997: MTV sbarca nel nostro mercato dentro gli spazi di Rete A che rilancia il suo segnale. A differenza di altre edizioni europee, la versione italiana investe da subito su contenuti originali, VJ italiani e un tono che capisce i gusti locali.
La vera età dell’oro parte nel 2001 con la MTV Regeneration: grazie alle frequenze di TMC2, MTV diventa canale autonomo. È il periodo in cui il brand detta l’agenda culturale dei giovani: TRL – Total Request Live (1999–2010) trasmesso da Piazza Duomo è rito quotidiano; Loveline con Camila Raznovich sdogana l’educazione sentimentale in TV; Brand:New con Massimo Coppola è la finestra notturna sull’indie e sulla ricerca; intorno si muovono MTV Mad, I soliti idioti, Very Victoria, e la parentesi nerd di Anime Night (da Inuyasha a Ranma ½).
È anche la stagione dei VJ-star: Alessandro Cattelan, Victoria Cabello, Camila Raznovich, Andrea Pezzi, Giorgia Surina, Marco Maccarini, Enrico Silvestrin. A fine anni 2000 cambia il vento: come nel resto del mondo, il canale in chiaro riduce la musica e alza la quota reality/series (da Jersey Shore a Teen Wolf, fino a formati locali come Ginnaste – Vite parallele). La musica “pura” migra sui canali tematici a pagamento MTV Music, MTV Hits! e Classic su Sky: un segnale chiaro della transizione.
Concorrenti e alternative: All Music, Deejay TV, Rock TV
Quando MTV è dominante, altri provano a ritagliarsi uno spazio. All Music nasce dalle ceneri di Rete A: prima Rete A – All Music (2002), poi All Music (dal 2005, con Gruppo L’Espresso). Posizionamento: meno “americano”, più italiano; programmi come Community e The Club; crocevia di talenti (anche Cattelan passerà da qui prima di rientrare in MTV).
Nel 2009 la crisi chiude l’esperienza e nasce Deejay TV, progetto televisivo di Radio Deejay diretto da Linus: parte come canale musicale, vira presto verso un generalista agile; con Discovery Italia diventerà Nove, mentre il brand Deejay TV rinasce più avanti come canale musicale su DTT e Sky.
L’anima di nicchia la presidia Rock TV (dal 2001 su Sky): rock, metal, alternative, programmi identitari (cult Database con Pino Scotto), community fedelissima. Fuori da Sky nel 2016, risorge su piattaforme FAST come Samsung TV Plus: prova che i canali verticali possono vivere e prosperare nel non-lineare.
La trasformazione finale: da MTV a TV8 e l’eredità nel mercato italiano
Il colpo di scena arriva nel 2015: Sky Italia acquisisce da Viacom il canale 8 del digitale terrestre, storica posizione di MTV. Il rebranding è graduale: prima MTV8 (per tenere il legame emotivo), poi palinsesto “vetrina” con repliche X Factor e sport free-to-air (Motomondiale, Europa League) per capitalizzare gli asset Sky.
18 febbraio 2016: rebrand definitivo in TV8. Sparisce ogni riferimento a MTV e sui social esplode l’hashtag #AddioMTV: file emotivo chiuso, nuova identità generalista aperta.
A ben guardare, la storia della musica in chiaro in Italia è un loop di cannibalizzazioni strategiche: Videomusic assorbita in TMC2; le sue frequenze diventano MTV Italia; Rete A ospita MTV, poi tenta la via All Music, quindi cede a Deejay TV; infine lo stesso MTV viene “superato a destra” e trasformato in TV8 da un operatore con un modello pay/generalista più solido.
Il messaggio è brutale ma lucido: la televisione musicale lineare e gratuita è economicamente fragile; chi arriva con più forza distributiva o diverso modello di ricavi prende la scena.
MTV oggi in Italia: dove vive (e come) il brand
Il marchio MTV non scompare, ma ha cambiato habitat. Oggi vive a pagamento su Sky (canale 131) e in streaming su NOW, con un’offerta allineata al resto del mondo: Teen Mom, Catfish, Ex on the Beach e compagnia reality. Resiste MTV Music (Sky 704) con videoclip e chart, ma è esattamente il tipo di canale coinvolto dai piani internazionali di dismissione: il suo futuro è una incognita concreta anche in Italia.
In sintesi: l’eredità di MTV si vede ovunque tranne che nella forma originaria. La musica ‘in TV’ non regge più l’urto dell’on-demand; sopravvivono brand, community e property trasversali, mentre il racconto musicale migra su YouTube, TikTok, piattaforme FAST e format ibridi. Se cerchi MTV come la ricordavi, la trovi nella memoria collettiva; se cerchi MTV come business, la trovi dove oggi sta il pubblico: sugli schermi connessi, dentro flussi social, dentro i cataloghi streaming.
Questo schema ci chiarisce tappe e passaggi:
Canale | Anno di Nascita | Anno di Chiusura/Trasformazione | Editore/Proprietà | Note |
Videomusic | 1984 | 1997 | Gruppo Marcucci, poi Cecchi Gori Group | Trasformato in TMC2; le sue frequenze sono state poi usate da MTV Italia. |
Rete A / All Music | 1983 (Rete A) | 2009 (All Music) | Peruzzo Editore, poi Gruppo L’Espresso | Ha ospitato MTV, poi è diventato All Music. Sostituito da Deejay TV. |
Deejay TV | 2009 | 2015 (trasformazione) | Gruppo L’Espresso, poi Discovery Italia | Nato dalle ceneri di All Music, è stato trasformato nel canale generalista Nove. |
MTV Italia | 1997 | 2016 (trasformazione) | Telecom Italia Media, poi Viacom, poi Sky Italia | Il canale in chiaro è stato trasformato in TV8. Il marchio sopravvive su Sky. |
Rock TV | 2001 | In attività | Seven Music Entertainment | Nato su Sky, dopo una pausa è tornato disponibile su piattaforme streaming. |
Cosa resta di MTV? Un’eredità tra nostalgia e reinvenzione
MTV ha lasciato andare la sua anima musicale per trasformarsi. Nel farlo ha cambiato per sempre il modo in cui la cultura pop vive, si guarda e si condivide. La chiusura dei canali musicali annunciata per il 2025 non è una sorpresa, ma la firma su un processo iniziato vent’anni fa.
La missione è cambiata, ma l’impatto no, nessuno gli leverà questo dato di fatto. MTV ha inventato il linguaggio visivo della musica moderna, trasformando il videoclip da spot promozionale a forma d’arte. Ha lanciato registi e musicisti, imposto mode, atteggiamenti e persino modi di parlare. Ha creato format – dal VJ al reality confessionale — che oggi vivono in mille altri luoghi: su YouTube, su TikTok, nei feed dei social e nelle nostre abitudini digitali.
La sua grammatica visiva, fatta di tagli rapidi, montaggi ipnotici e storytelling emotivo, è diventata il DNA stesso della comunicazione contemporanea.
A livello concreto, MTV è ancora un brand potente: una sigla che campeggia su canali di intrattenimento, piattaforme streaming come Paramount+, e reti pay come Sky. È un marchio commerciale solido, con format riconoscibili e una community che resiste.
Ma sul piano simbolico, quello che resta è molto più profondo. C’è la nostalgia di chi è cresciuto davanti a TRL, di chi aspettava il nuovo video di Madonna o dei Linkin Park, di chi ha scoperto il mondo con Unplugged e Loveline. È il valore emotivo di un’identità generazionale condivisa: la MTV Generation, quella che ha imparato a vedere la musica, non solo ad ascoltarla.
Oggi la “M” nel logo non significa più Music, ma continua a evocare un’idea.
È il simbolo di un’epoca in cui un solo canale poteva dettare il ritmo del mondo. Di MTV è rimasto il marchio, il mito, e un’eco potentissima: quella di quando la televisione riusciva ancora a dettare legge sul tempo, sul gusto e sulle emozioni.
Il resto – le chitarre, i videoclip, i countdown – vive ormai altrove. Ma ogni volta che scorri un reel, che guardi un clip su YouTube o che balli davanti a uno schermo, stai ancora guardando MTV.