

Dai video-teaser generati con IA al nuovo libro sul “De Bello Gallico”: il divulgatore raccoglie l’eredità del padre e la porta nel futuro, tra scetticismo del pubblico e fedeltà alla scienza-spettacolo.
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“No, Alberto, anche tu no!”: potrebbe essere questo il riassunto dei numerosi commenti (non tutti su questo tono) giunti sulle pagine social di Alberto Angela nei giorni scorsi. Il motivo? Il noto divulgatore ha pubblicato dei video teaser, che richiamavano atmosfere di epoche passate: un uomo che lucida la propria spada, un altro che copre uno scudo, dei soldati stanchi e persi nel mezzo del nulla, i preparativi prima di una battaglia.
Video che anche all’occhio del meno esperto sono subito apparsi come frutto dell’intelligenza artificiale. Ma come, anche Alberto Angela si è piegato al mondo dei prompt? È stato lui stesso, poco dopo, a spiegare la ragione di quei reel, che hanno effettivamente svolto il loro compito, ovvero generare una discussione e soprattutto dell’hype intorno ai contenuti che stava pubblicando.
«Torno in libreria dopo 3 anni con “Cesare. La conquista dell’eternità”, un viaggio nel “De Bello Gallico”, che tanti di noi ricordano per le versioni al liceo, ma di cui nessuno ci ha mai svelato la vera bellezza…» — ha scritto Alberto Angela, introducendo il nuovo libro, edito da Mondadori e in uscita il 18 novembre.
Per celebrare il ritorno in libreria dopo così tanto tempo, un semplice annuncio non bastava. Da qui, la decisione (ampiamente dichiarata, come state per leggere) che «le ricostruzioni di volti, scene di battaglia e vita quotidiana sono state realizzate grazie all’intelligenza artificiale, guidata da una approfondita indagine storica, per trasformare le parole del libro in immagini».
Una scelta voluta da Angela per permettere ai lettori di entrare nel mondo da lui narrato del libro di prossima uscita, usando le sue stesse parole come prompt, appunto, affinché diventassero immagini vivide e pronte alla condivisione social.
Angela, insomma, ha creato una “storia immersiva”, rispondendo (in)direttamente a tutti coloro che hanno criticato l’adozione dell’IA per lanciare la sua nuova pubblicazione: «Continuiamo sulla strada intrapresa anni fa che utilizza la tecnologia per aiutare la divulgazione, sempre fedeli al principio che bisogna usare lo spettacolo per fare scienza e non viceversa».
Da queste parole emerge una domanda: che ruolo può avere oggi l’IA nella divulgazione storica e scientifica? E quanto questo nuovo strumento è coerente con la tradizione del divulgatore “alla Angela”, che affonda le radici nel rigore del padre Piero?
La tradizione degli Angela, che diventa innovazione
Per capire la provocatoria (almeno per alcuni) scelta fatta da Alberto Angela, bisogna infatti ricordarsi le sue radici famigliari e professionali. Angela è cresciuto a fianco del padre Piero, indimenticato divulgatore televisivo che ha fatto della diffusione della conoscenza a un pubblico più vasto possibile una missione di vita.
Dai primi docu-programmi storici e scientifici ai mitici Quark, Superquark e i vari speciali prodotti negli anni, Piero Angela non ha mai rinunciato all’inserimento nelle sue trasmissioni di elementi che spezzavano il racconto orale per trasformare la narrazione in altro.
Ricostruzioni visive (tramite estratti di fiction, miniserie, film o girati realizzati ad hoc), animazioni (mitiche quelle di Bruno Bozzetto realizzate appositamente per i suoi programmi) e grafiche, tutto andava bene per semplificare argomenti complessi.
Poiché, come diceva lui, «il peggior nemico della cultura è la noia, la mancanza di chiarezza, o l’assenza di creatività». In questo senso, l’idea di “far sentire la storia viva” non è nuova. Cambiano però i tempi, e con essi si evolvono gli strumenti.
IA, senza paura
Alberto Angela passa da modelli tradizionali – ricostruzioni disegnate, animazioni, set televisivi, effetti speciali realizzati al computer– a un uso dell’IA che facilita o addirittura genera visivamente ciò che prima richiedeva lunghi processi artigianali.
Una mossa audace, che sicuramente Angela sapeva che avrebbe generato discussioni, ma applicata per uno scopo onesto e semplice: rendere la Storia non una materia statica, da interrogazione in classe, ma una materia viva, in continuo movimento, anche quando si parla di eventi di migliaia di anni fa.
Entra così in gioco l’IA, mai più attuale di oggi. I video-teaser pubblicati dal dovulgatore amplificano la resa visiva e immersiva, permettendo al pubblico di “vedere” ambienti antichi, volti e situazioni narrate dal libro quasi come se fossero resoconti fotografici.
Angela, per ottenere un effetto il più realistico possibile, si affida alle sue stesse ricerche, dunque a una fonte documentata e certa: la base di partenza resta sempre il lavoro dell’uomo e non della macchina. Un processo che permette di chiarire il limite tra “ricostruzione” e “creazione”: sappiamo che quei contenuti non solo reali, ma realistici. E, cosa più importante, trasportando il pubblico in un’atmosfera che cattura l’attenzione e genera curiosità.
Scienza e spettacolo ancora alleati
Alberto Angela afferma che «bisogna usare lo spettacolo per fare scienza e non viceversa». La dichiarazione fa da monito: lo strumento è potente, ma la bussola deve restare la verità (o la migliore ricostruzione possibile). Non è forse questo il vero senso della divulgazione?
Dai libri alla tv, passando per i social network e i più recenti influencer che si dedicano a diffondere conoscenza con strumenti di ultima generazione, alla base ci deve essere la chiarezza. Non solo quella di chi spiega verso il proprio pubblico, ma anche del contenuto che viene veicolato e di come lo si fa. L’IA cambia volto: da nemico della scienza diventa alleata, uno strumento in grado di amplificare il frutto delle ricerche e degli studi, senza che questi siano snaturati o perdano d’impatto.
La dichiarazione di Alberto Angela segna quindi un cambio di passo: l’IA entra come strumento nella grande macchina della divulgazione storica. Ma è importante tener presente che nessun tool può sostituire la verifica, lo studio, la responsabilità del narratore. In fondo, la tradizione angeliana lo ricordava bene: stile rigoroso, linguaggio accessibile, immagini che servono la scienza, ma che non la sostituiscono.
Una domanda, però, ora sorge spontanea: Alberto Angela si affiderà all’IA anche per i suoi prossimi programmi tv? Se così fosse, prepariamoci a una nuova ondata di polemiche (che, perché no, potrebbero tornare utili per ricordarci che la divulgazione in tv è viva e lotta insieme a noi)






