Exit Valley su Showrunner – Inizia l’era dell’intrattenimento personalizzato?

Nicholas Negroponte, nel 1995, parlava del Daily Me: un giornale costruito su misura, cucito sui gusti e sulle preferenze dell’utente. Un’idea che allora sembrava affascinante e innocua. Oggi sappiamo quanto possa essere rischiosa, l’iper-personalizzazione: consolida le bolle informative, ci parcellizza, ci isola, se non facciamo un lavoro attivo per uscire da quelle bolle rischiamo di rimanerci dentro, a parlarci addosso o giusto con persone che la pensano già come noi. Ma questo non ci ha fermati. Abbiamo continuato a rincorrere la personalizzazione totale. Oggi, c’è Showrunner, e quella personalizzazione inizia a spostarsi su un altro piano. Non ti limiti a guardare o a decidere cosa guardare: crei tu quel che guarderai.

La promessa è questa: scrivi due righe. Scegli un volto, uno stile grafico. La macchina ti restituisce un episodio animato completo. Con la tua idea, il tuo mondo. È la logica del Daily Me, ma applicata alla narrazione audiovisiva, all’intrattenimento. Un nuovo medium? Un videogioco narrativo? Una distopia autoriale? Forse. Ma andiamo con ordine.

Cos’è Showrunner?

Showrunner è un termine tecnico che indica una figura molto particolare nel mondo delle serie tv: è la persona responsabile di tutta la serie, solitamente in una posizione che sta al di sopra sia degli sceneggiatori sia del regista. Scott Collins, sul Los Angeles Times, ne ha scritto definendo gli showrunner  «dei “tuttofare”, un curioso ibrido di artisti visionari e operational manager duri come la roccia. Non sono solo sceneggiatori; non sono solo produttori. Assumono e licenziano sceneggiatori e membri della troupe, sviluppano la trama, scrivono copioni, assegnano le parti agli attori, si occupano del budget e gestiscono le interferenze tra lo studio di produzione ed i capi dell’emittente. È uno dei lavori più insoliti ed impegnativi, che impiegano ambedue gli emisferi cerebrali, nel mondo dell’intrattenimento…».

Il nome della nuova piattaforma, dunque, non è stato scelto a caso. Showrunner è un prodotto della Fable, una startup fondata da Edward Saatchi, figlio del magnate della pubblicità Maurice Saatchi, e da Pete Billington (oggi scomparso), già parte del team degli effetti speciali di Matrix Reloaded e di un altro paio di film di fantascienza (War of Worlds e Star Wars Episode II). Amazon’s Alexa Fund ha investito nella startup e nel progetto (non si sa quanto, come scrive Variety).

Showrunner.xyz ambisce a diventare un ambiente in cui chiunque può scrivere, generare, modificare e condividere episodi di show televisivi, serie e via dicendo.

Per il momento l’unico universo disponibile è Exit Valley, che viene presentata come una parodia feroce e surreale della Silicon Valley e dei suoi rapporti con la politica statunitense, ambientata nell’immaginaria Sim Francisco. È un teatro digitale popolato da fondatori in crisi di nervi, baroni della tecnologia in fuga dalla morte, investitori alla ricerca dell’exit perfetto, miliardari, presidenti, ex presidenti, candidati.

Ma Exit Valley, almeno negli intenti di Saatchi, dovrebbe essere solo l’inizio, per arrivare a consentire a chiunque di costruirsi il proprio show personalizzato.

Come funziona Showrunner?

Per il momento l’esperienza utente è abbastanza complicata e si svolge su Discord, una piattaforma di messaggistica istantanea. Una volta fatta l’iscrizione e seguiti i primi tutorial si può passare a creare la prima scena. Si può scegliere fra un gruppo di personaggi già pronti – tutti quelli che il team creativo di Exit Valley ha deciso di inserire – decidere che azioni faranno, di cosa parleranno, lo sfondo, eventuali oggetti di scena, la durata della scena stessa. Poi si aspetta qualche minuto ed ecco il risultato. Qui puoi vedere uno dei nostri primi esperimenti.

Questo è il prompt, cioè il comando, che ha portato Showrunner a creare questa scena.

Show: Exit Valley Primetime Prompt: Elon Musk is fighting Elon Musk for the domination at Silicon Valley Set: Orange Truck In A Dry Riverbed Characters: Peter Thiel, Elon Musk, Sam Altman Action: Shoots Futuristic Laser Gun At Walking: Enters then Exits (Group) Prop: Small Brainworm Filter: Hollywood Film Look

Più è lunga la scena più la macchina perde coerenza (nell’esempio, Peter Thiel spara a Elon Musk con una pistola laser e solo dopo si commenta il fatto che Thiel ha tirato fuori una pistola laser) e fa fatica.

Ma questo, come ormai dovremmo sapere quando si tratta di intelligenze artificiali generative, è solo il primo stadio della tecnologia, quindi è inutile concentrarsi sulle critiche.

Al di là dell’ambientazione – molto autoreferenziale, piena di inside joke che si possono capire solo se si ha familiarità con l’universo nerd – rimane una cosa da chiedersi. Che si chiede lo stesso Saatchi. Le persone vorranno mai una cosa del genere? Possiamo dire che se l’esperienza utente dovesse rimanere questa il sistema non ha speranza di diventare di massa. Ma anche se migliorasse, davvero ci saranno così tante persone là fuori da far diventare un prodotto simile “mainstream”?

Difficile dirlo. Ma possiamo fare una serie di considerazioni.

Chi è l’autore?

Chi usa la piattaforma parte da un immaginario predefinito ma lo spettatore e l’autore collassano: chi guarda diventa anche sceneggiatore, regista, potenzialmente persino interpete interprete. Ma non è solo. C’è sempre l’altra metà del cielo: la macchina. Che completa, suggerisce, dirige. A volte in modo brillante. A volte no. Si apre così una nuova domanda: chi è davvero l’autore di queste storie?

Molti episodi di quelli che abbiamo visto sono goffi, scolastici, prevedibili. Altri sorprendono. In mezzo, una quantità enorme di esperimenti incompiuti. È lo stesso panorama che si incontra su YouTube, TikTok, Substack. Cambia solo il mezzo. Non cambiano i dilemmi.

L’illusione della libertà narrativa

Showrunner promette libertà creativa. Ma, come ogni piattaforma, impone vincoli. Il sistema editoriale è distribuito e chiunque lo può usare, ma i paletti – tecnici, estetici, narrativi – sono definiti a monte. E anche se tutto nasce da un prompt personalizzato, è il modello generativo a tradurlo, secondo le linee guida che ha ricevuto da chi lo ha programmato. Il rischio è sempre lo stesso: scambiare questa personalizzazione per reale autonomia. Costruirsi un mondo che sembra fatto su misura ma che, in realtà, è precompilato.

In effetti, però, il limite dell’universo narrativo condiviso crea, se non altro, un’arena in cui ci si può cimentare in uno sforzo di autorialità collettiva e di cultura convergente.

La cultura convergente

In questo senso, con gli infiniti possibili remix di un mondo pensato da qualcun altro, Showrunner ricorda il concetto di cultura convergente di Henry Jenkins, il suo interesse per il modo in cui i fan producono fan-fiction, la possibilità di ripensare, rivedere, costruire sul materiale narrativo di qualcun altro.

C’è solo un problema: la cultura convergente funziona se non ci sono troppi limiti di copyright – la fan fiction se ne frega del copyright, detta brutalmente – e se non ci sono troppi limiti alla creatività.

Come si pone Showrunner nei confronti del copyright?

Showrunner è inserita nel mondo maistream. Questo significa che, dopo il primo tentativo piratesco di fare un intero episodio non autorizzato di South Park (cosa che ha suscitato enormi critiche), probabilmente ha bisogno di rientrare nei ranghi. Da qui la creazione di un proprio universo narrativo.