The Perfect Neighbor: una tragedia che ha infiammato l’America, raccontata con le bodycam della polizia (recensione)
The Perfect Neighbor La vicina perfetta Netflix

The Perfect Neighbor – Una vicina perfetta, disponibile su Netflix, è una storia vera raccontata esclusivamente attraverso le immagini delle bodycam degli agenti e delle telecamere attive. Un documentario che fa riflettere sulla legge ‘Save your ground’ partendo dalla vicenda con protagonista Susan Lorincz (recensione)

Presentato al Sundance Film Festival del 2025, The Perfect Neighbor (La vicina perfetta) ha vinto il premio per la regia come documentario ed è ora disponibile in streaming su Netflix. In pochi giorni ha conquistato i primi gradini dei contenuti più visti, raccontando una storia che non era nota a tutti e spiegando il dibattito – sempre più accesso negli Stati Uniti – su quanto il diritto alla difesa personale non rischi di sfociare in un alibi per compiere azioni che finiscono spesso in tragedia.

The Perfect Neighbor, la trama

The Perfect Neighbor recensione

Il documentario non vede ricostruzioni o parti recitate ma è principalmente un insieme di immagini di repertorio tratte dalle riprese delle bodycam degli agenti che sono stati, involontariamente, testimoni di quanto accaduto. Siamo nella contea di Marion, in Florida, nel giugno 2023, quando avviene la tragedia.

Una via tipica americana vede una serie di villette molto simili tra loro e numerose famiglie che trascorrono il tempo nelle loro abitazioni e nei giardini adiacenti. Bambini corrono tra le strade, si radunano per passare il tempo e – come spesso viene usata come frase – “fare i bambini”. Ma poco distante abita Susan Lorincz, una donna che lavora da casa e spesso chiama la polizia per i fastidi e i rumori che provengono dalle case intorno. E quindi vediamo gli agenti intervenire, parlare con lei, cercare di mettere la pace tra gli animi degli abitanti di quella strada.

Trascorrono mesi e le chiamate non diminuiscono. Se la Lorincz continua a lamentarsi di dispetti o insulti che riceve dai ragazzini, i genitori sono pronti a difenderli e ad accusare la donna di essere l’unica, nel quartiere, a lamentarsi. Sembrano scaramucce tra vicini di casa e anche gli agenti non evidenziano nulla di così allarmante o preoccupante. Ma una sera, Susan chiama nuovamente la polizia per denunciare una situazione sempre più insostenibile e chiedendo l’intervento della polizia. Richiama poco dopo, agitata, riferendo di essere stata minacciata dalla madre di un ragazzino che vive lì e di aver sparato con la sua pistola, dall’interno della sua abitazione, a causa dei ripetuti colpi alla porta della donna che l’avrebbe anche minacciata di morte.

Susan Lorincz chiede protezione ai sensi delle leggi “stand-your-ground” della Florida che consente a una persona di usare la forza letale per difendersi, senza avere l’obbligo di tentare di fuggire da un aggressore. La polizia e i soccorsi intervengono ma quando la donna non sopravvive, il caso diventa mediatico e le proteste infiammano portando alla luce le accuse di razzismo nei confronti della Lorincz, accusata di aver sparato e ucciso una donna nera madre di 4 bambini.

The Perfect Neighbor, recensione

The Perfect Neighbor La vicina perfetta recensione

Il documentario è un insieme di filmati e immagini reali, tratti dalle bodycam degli agenti che sono intervenuti in seguito alle chiamate della Lorincz mentre ascoltano le sue lamentele e le giustificazioni dei vicini di casa che sembrano sminuire le proteste della donna. I ragazzini ribadiscono di essere solo impegnati a giocare e assicurano di non disturbare la donna, né di oltrepassare la proprietà privata della sua abitazione. Ma Susan continua a ribadire di essere stremata dalla situazione e di sentirsi vittima e oggetto di poco rispetto da parte dei bambini che abitano poco distanti.

In un quartiere popolato da famiglie numerose, Susan Lorincz non sembra integrarsi e lo spettatore ascolta e osserva le sue lamentele e le chiamate alla polizia, trovandosi in mezzo a due racconti “diversi” delle persone coinvolte. Susan non appare violenta davanti ai poliziotti, né particolarmente minacciosa. Solo esausta e frustrata. Ma nulla di quello che vediamo, nel passare dei mesi, può far immaginare la tragedia pronta a incombere.

Tutto precipita con quello sparo. Il racconto della donna – anche a livello tempistico – non sembra convincere e porta gli agenti e il procuratore a domandarsi se la reazione sia stata dettata dalla paura (come Susan assicura) o principalmente dalla rabbia per la situazione. Intanto le televisioni americane riportano la storia, mostrano la rabbia degli abitanti e delle associazioni che chiedono giustizia a favor di telecamera.

Un racconto che turba proprio per la testimonianza reale di quanto accaduto, senza orpelli o senza interventi di narrazione esterna. Tutto quello che vediamo, dagli interventi degli agenti al processo finale, è documentato da riprese fatte sul momento o sul luogo. E apre un dibattito e una serie di interrogativi sulla legge ‘stand-your-ground’ e sulle sfumature che possono accompagnare i singoli casi, evidenziando come i casi violenza siano aumentati proprio appellandosi a questo diritto…

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