

Temptation Island 2025 ha riportato il pubblico alla visione condivisa: non basta il gruppo d’ascolto in stile Sanremo, c’è bisogno dell’esperienza collettiva, preferibilmente “on the beach”
Temptation Island 2025 sarà ricordata per tante cose. Da Mediaset l’edizione 2025 sarà ricordata sicuramente per gli ascolti, tali da aver spinto l’azienda a moltiplicare le puntate, così come le scalcinate coppie protagoniste hanno moltiplicato – per opportunità o per necessità – le occasioni che si sono date tra mare e Capanni, tra scenografie cheap e torce usate come punchball. Dal pubblico sarà ricordata per i tanti spunti ‘memabili’ che torneranno a fare capolino sui social nel prossimi mesi, con gazebi, Tribune Posillipo, caffè e parcheggi a farla da padrone. Ma sarà ricordata, a mio avviso, anche da un punto di vista di consumo mediale: Temptation Island 2025 ha infatti riportato la tv alla visione collettiva, al rito condiviso in pubblica piazza, un po’ come le partite della Nazionale ai Mondiali, che ormai mancano all’esperienza diretta di molti giovani e di cui, quindi, potrebbe essere vista come surrogato.
Tutti in spiaggia a “visionare il materiale posto a fondamento delle loro decisioni”
Mai come quest’anno, infatti, sono spuntati luoghi dove seguire live e in rigoroso silenzio le puntate del “viaggio nei sentimenti” della Fascino di Maria De Filippi. In Campania, come ha testimoniato Fanpage all’inizio di questa edizione, sono stati diversi i locali che hanno promosso la visione a bordo piscina, in pizzeria e ancora meglio in spiaggia. In questo, il Lido della Siesta a Castel Volturno è stato tra i pionieri, con centinaia di persone ogni sera pronte a seguire lo ‘spettacolo d’arte varia’ confezionato sulle coste calabresi. Quella che era stata un’idea nata un po’ per caso si è rivelata un sold-out continuo, fermato solo dal maltempo: un’intuizione interessante in un’estate in cui il caro-spiaggie sta tenendo molti lontani dai lidi e che hanno visto nei falò di Temptation un’occasione per vedere un po’ di luce. A testimoniarlo i tanti video su Tik Tok, su tutti quelli di Gennaro Striano, che anima con la sua ironia i break pubblicitari anche sui social.
Le corna vogliono ‘complicità’
SPA, piscine, pizzerie, spiaggie: il punto è che Temptation Island è diventata ‘una experience’ da vivere in compagnia. E non bastano più i gruppi di ascolto casalinghi in stile Sanremo: fa caldo, è estate, c’è voglia di uscire, le quattro mura di casa stanno strette. La cosa davvero interessante è il ‘superamento’ del Second Screen, limitato nella sua possibilità di condivisione delle corna. Il ‘gossip’ vuole la presenza, lo sguardo, il commento anche sguaiato, i sussulti di sorpresa, il commento a caldo: tutto quello che il virtuale fa fatica a contemplare. E così Temptation Island riesce lì dove altro ha fallito: ricreare una forma di comunità televisiva in presenza. Un po’ come avveniva alle origini della tv, con il pubblico assiepato nei cinema: allora perché non c’erano abbastanza teleschermi domestici, oggi perché ce ne sono troppi. Forse.
In ogni caso il fenomeno mi sembra interessante. La tv torna a fare ‘serata’ collettiva all’aperto, come i grandi eventi sportivi (per lo più di calcio, perché a memoria finali di altri sport vissuti in piazza non me ne vengono in mente). Qualcuno potrà obiettare che si tratta di una preoccupante deriva culturale, del tipo “Ah, signora mia, ai miei tempi d’estate si andava ai concerti, a teatro, al cinema sotto le stelle!”. Beh, le due cose non si escludono, sempre che si viva in luoghi in cui ci sia la possibilità di avere un cartellone di eventi tra cui scegliere almeno qualcosa. Elemento, questo, che non darei per scontato. Ma qui la questione è altra: è nella scelta di ‘partecipare’ alla visione collettiva di un programma televisivo e nello stesso tempo nella capacità di questo programma di farsi evento, al di là di qualsivoglia valutazione dello stesso. In più, può essere un’esperienza antropologica in sé: commentare con il partner, con gli amici o con centinaia di sconosciuti i comportamenti, le azioni, le parole, gli atteggiamenti, le follie dei protagonisti di Temptation diventa in sé un modo per prendere le misure di sé e degli altri. In ogni caso, le sofferenze d’amore sono di tutti, ma ognuno ha un modo di viverlo: vederlo con i propri occhi, anche live, è uno spettacolo a sé.
Temptation Island, sempre più guilty pleasure: merito del montaggio e dei consulenti musicali
Sicuramente un plauso va al casting, che riesce a intercettare casi di altissimo lignaggio. Certo, sarebbe stato difficile lasciarsi scappare un avvocato come Alessio e un’acconciatura come quella di Sonia, così come sarebbe stato complicato ignorare il gazebo della discordia, la convivenza implorata, lo scotch sul letto, i caffè nei parcheggi e tutto quello che questa edizione ha offerto grazie ai confessionali dei protagonisti. Certo, siamo lontani da “Montoya, por favoooooor” e forse non ci arriveremo mai, ma nel nostro piccolo la corsa verso la Tribuna Posillipo resterà un cult.
Un plauso va anche ai sottotitolatori: la costanza con la quale hanno cercato di correggere la consecutio e rendere intellegibili espressioni ignote ai più merita un riconoscimento. Immaginiamo che ci siano vari madrelingua partenopei: certi passaggi sono risultati ostici anche a ‘noi’, che mastichiamo l’idioma. Quel geloso “‘a chirurga t’appenne a quatt’ frecce rint”a curva” tradotto con “ti lascia per strada” è un caso di fedeltà/infedeltà traduttiva tra studiare all’università. E avrei voluto assistere all’incontro tra Antonio e gli autori per definire cosa scrivere con i fuochi d’artificio per la proposta di matrimonio.
Va anche detto, però, che quest’anno il programma ha raggiunto vette sublimi nel montaggio e nella confezione. A fronte di una scenografia che trasuda risparmio e di un re-editing che ha davvero fatto di tutto per moltiplicare pani e pesci (ovvero corna e discussioni, per quanto sia tutta roba da seconda media e non abbia nulla a che vedere con le edizioni gemelle, Spagna su tutte), il vero miracolo è compiuto dal montaggio e da una colonna sonora che meriterebbe una menzione d’onore agli Oscar e agli Emmy per le prossime 30 edizioni.
Non solo la scelta di un tema musicale per ogni personaggio (Tiger Man su Antonio è una roba da sbellicarsi, Morricone de Il buono, il brutto e il cattivo su Alessio un colpo di genio, giusto per fare due esempi), ma la perfetta aderenza di scene ed estratti musicali giocata tutta sull’ironia è davvero un tocco di classe. Sicuramente è uno degli elementi che ha fatto – e continua a rendere – Temptation Island un guilty pleasure anche per i cosiddetti ‘insospettabili’, almeno quelli che hanno il gusto della lettura intertestuale.
Alla vigilia dell’ultima puntata di questa ‘extended version’, non ci resta che guardare alla prossima edizione, senza dimenticare un paio di massime che sarà bene ci accompagnino nel futuro:
- “La parola di condanna più dei fatti”.
- “Non so se ti amo contiene un dubbio e nel dubbio c’è il sì e c’è il no”.
Mai più senza.