Una prima serata tv sostenibile? Si può fare! Ma come?
durata prima serata

Prime serate più brevi, stop entro mezzanotte: la nuova strategia Mediaset rilancia anche la seconda serata. Riflessioni e scenari possibili per la tv generalista.

C’è stato un tempo in cui la sera, accendendo la tv, sapevi cosa aspettarti. Il film iniziava subito dopo il telegiornale, i grandi varietà avevano un ritmo più serrato senza togliere quel sano senso di godibilità, e quando finiva la prima serata… ne cominciava un’altra. Non un’altra puntata, ma un altro modo di fare televisione, di approcciarsi, di comunicare.

Era la seconda serata, quella fascia strana, un po’ più libertina e meno ingessata. Un piccolo mondo dove si parlava sottovoce, si intervistavano scrittori, politici, artisti, e dove ogni tanto nasceva qualcosa di nuovo. A volte poetico, a volte provocatorio, ma pur sempre diverso.

Poi, qualcosa è cambiato. Lentamente, senza che ce ne accorgessimo, la tv ha iniziato ad allungarsi. Le prime serate hanno abbassato il tiro, allentandosi. Si sono spalmate come ad invadere una corsia in una strada a doppio senso di marcia. Le scalette aumentavano di pagina in pagina, fino a mangiarsi anche lo spazio che veniva dopo.

Cosa è la seconda serata?

Per capirci, rivolgendoci soprattutto ai non addetti ai lavori, nella televisione tradizionale italiana le giornate sono sempre state scandite in fasce orarie precise:

  • Il daytime (mattina e pomeriggio) dedicato all’informazione e all’intrattenimento leggero.
  • Il preserale (dalle 18:45 in poi) affidato ai game show per le reti ammiraglie e l’informazione.
  • L’access prime time che accompagnava il telespettatore dalla fine del telegiornale all’inizio della prima serata. C’erano i classici programmi di apertura come Striscia la notizia, Affari tuoi, Sarabanda.
  • Prima serata: quella più “nobile”, che ospita i grandi show, film, fiction, reality e talent.

E poi c’era lei, la seconda serata: quella fascia che comincia idealmente alle 23.30 e che per decenni ha ospitato programmi più di nicchia, talk d’autore, interviste profonde, spazi liberi, più sperimentali.
Parliamo di titoli storici come Sottovoce con Marzullo, Porta a Porta di Vespa e cult tipo Matrix, Victor Victoria, Il senso della vita, Le invasioni barbariche o ancora Una pezza di Lundini su Rai 2.

Era un territorio ibrido e creativo, dove gli ascolti contavano meno e si poteva osare di più. Un mondo fatto di approfondimenti, nuovi volti, atmosfere notturne. Un luogo dove si scoprivano idee, ospiti inediti e linguaggi diversi.

Perché oggi la seconda serata non esiste (quasi) più

Negli ultimi 25 anni qualcosa è andato storto. La “catena di Sant’Antonio” è stata scaturita in primis dagli access prime time che hanno portato le loro chiusure oltre le 21:30. Una tendenza trasversale che ha coinvolto Rai, Mediaset e non solo, fino a diventare uno standard tossico per il pubblico (nonostante – bisogna dirlo – i buoni risultati d’ascolto).

Basti pensare a show come Ballando con le Stelle o C’è posta per te, spesso capaci di durare anche cinque ore, complici segmenti lunghissimi, interruzioni pubblicitarie fitte e una scaletta dilatata ad arte per tenere incollato lo spettatore fino alla fine.

Ma con che costo? Non solo per il pubblico, costretto a una maratona notturna, ma anche per l’intero sistema televisivo, che ha visto progressivamente appiattirsi la seconda serata e sparire ogni forma di contenuto originale.

I motivi? Diversi.

La guerra degli ascolti, che ha portato Rai e Mediaset a gonfiare i programmi per tenere alto lo share medio. I costi di produzione, sempre più alti: investire in due prodotti separati (prima e seconda serata) era più dispendioso rispetto ad allungarne uno solo. Il calo dell’offerta culturale, con una tv generalista sempre più generalista e meno curiosa o coraggiosa.

Oggi quella seconda serata sembra un ricordo lontano, una zona d’ombra buona solo per le repliche, per i format “parcheggiati“, per le interviste che nessuno vedrà perché mandati in onda troppo tardi per essere guardate. Ma forse, e diciamo forse, qualcosa sta per cambiare.

Prime serate fino a mezzanotte

A riportare il tema al centro del dibattito è stato Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato Mediaset, che durante la presentazione dei palinsesti 2025, lo scorso luglio, ha annunciato una stretta decisa sulla durata degli show.
Obiettivo dichiarato: chiudere i programmi di prima serata entro mezzanotte, a partire da grandi titoli come Tu sì que vales (di ritorno a settembre), C’è posta per te e Amici (nel 2026).

Un altro segnale è l’approdo di Bianca Berlinguer anche su Canale 5 con un programma d’inchieste e reportage in onda il venerdì ser, di Federico Rampini la domenica con Risiko e confermando l’appuntamento con lo speciale Tg5 del sabato.

Mosse che vogliono premiare la qualità, evitare lo sfinimento del pubblico e – perché no – differenziare l’offerta rispetto alla concorrenza.

Una dichiarazione che suona rivoluzionaria, se confrontata con gli ultimi vent’anni di tv.

Un esempio che sarà (in)seguito?

Il punto ora è tutto qui: Rai e gli altri network seguiranno l’esempio?

Il sabato sera, in particolare, è sempre stato il campo di battaglia principale tra Rai 1 e Canale 5. Ballando con le stelle (in onda ad autunno) ha sempre avuto come controparte Tu si que vales. Se Mediaset davvero dovesse fermarsi a mezzanotte, Rai potrebbe pensarci su: continuare con show chilometrici o riallinearsi?

Lo scenario è aperto, ma interessante. Tornando ad un ipotetica durata di 2 ore e 30 massimo per una prima serata, potrebbe cambiare non solo l’orario, ma il modo stesso di costruire i contenuti. Più ritmo, più qualità, più attenzione alla struttura narrativa.

Cosa potrebbe fare davvero la tv generalista

Ecco alcune idee concrete se il sistema  decidesse davvero di riformare il palinsesto:

  • Dare una vera identità alla seconda serata, creando contenuti originali e coerenti con il target adulto notturno.
  • Sfruttare i contenuti extra dei programmi di prima serata, offrendo backstage, approfondimenti o contenuti esclusivi in stile “aftershow” (es. in Francia su TF1 ‘Danse avec le stars‘ (Ballando con le stelle) ha uno spin-off/talk chiamato ‘La suite’ in cui fa una sorta di processo alla puntata con inizio alle 23:30)
  • Dare spazio a nuove firme, conduttori emergenti e produzioni leggere, capaci di testare nuovi linguaggi.
  • Puntare sull’attualità con format giornalistici più liberi e meno istituzionali.
  • Svecchiare il linguaggio, investendo anche su interazioni live con il pubblico (in ottica social) o su produzioni ibride tra tv e web.

 

Una tv più sostenibile è possibile, ma…

In tempi di binge-watching, piattaforme on demand e consumo sempre più personalizzato, la televisione generalista può ancora dire la sua. Ma deve tornare a essere leggibile, riconoscibile, umana.

Accorciare le prime serate non è un limite, è un atto di rispetto verso il pubblico. E rilanciare la seconda serata può diventare una straordinaria occasione per riscoprire creatività, pluralismo e sperimentazione.

C’è chi ha lanciato il sasso, ora tocca vedere chi lo raccoglie.

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