

Da Hulu che prenderà il posto di Star su Disney+ al caso Hbo Max, diventato Max e tornato poco dopo alle origini. Le piattaforme si reinventano cambiando nome, cercando di rinnovarsi e di seguire le evoluzioni delle proprie aziende, tra fusioni e un pubblico che vuole riconoscibilità
Quante volte vi è capitato di dire “Basta, voglio cambiare, ora vado dal parrucchiere e mi faccio fare un nuovo look!”. Il desiderio di cambiare fa parte della natura umana, d’altra parte, anche se è un cambiamento di facciata, come appunto un nuovo look. Sappiamo che quel che conta è chi siamo, come pensiamo e come ci comportiamo. Per cambiare davvero, dovremmo lavorare su quello, no?
Se sei una piattaforma streaming (una delle maggiori compagnia dell’essere umano occidentale del decennio, possiamo dire senza paura di essere smentiti), però, per darti una rinfrescata il taglio di capelli non è contemplabile. Come fare, allora, per agganciare pubblico nuovo e invogliare quello che già ti conosce a restare tuo fedele abbonato? Semplice: con il cosiddetto rebranding, ovvero il cambio del marchio tramite una nuova veste grafica di logo e interfaccia, ma anche con la rinomina dello stesso brand. Magari con una spintarella dovuta ad un’importante acquisizione. Perché quando una piattaforma cambia nome dietro c’è sempre una fusione tra colossi.
Bye Bye Star, welcome Hulu
E’ il caso di Star, l’hub di contenuti per adulti presente su Disney+ fuori dagli Stati Uniti. Ora Star è destinato ad andare in soffitta: entro il 2026, sarà sostituito da Hulu, piattaforma già parte del gruppo Disney ma ad oggi presente solo negli Usa. Disney ha infatti concluso l’acquisizione totale di Hulu, diventandone proprietaria al 100% e potendo, così, utilizzarne il marchio anche all’estero, all’interno della propria celeberrima Disney+
Un cambiamento che segna la primissima espansione importante di Hulu a livello globale: all’estero in molti conoscono la piattaforma, su cui sono presenti titoli diventati cult come Il racconto dell’ancella, ma anche produzioni in onda sul piccolo schermo sulla rete via cavo Fx (come The Bear, American Horror Story, Paradise e Shōgun). Ad oggi, però oltre che negli Stati Uniti, Hulu è accessibile solo in Giappone. Negli altri Paese, Disney ha trovato l’escamotage di inserire gli stessi contenuti in catalogo ideando la sezione Star.
Cosa cambierà per noi abbonati? Niente: non avendo Hulu in Italia, vedremo semplicemente Star lasciare il post ad Hulu dentro Disney+. Negli Stati Uniti e in Giappone, invece, non è ancora chiaro se l’app standalone di Hulu continuerà a esistere o se sarà integrata in quella di Disney+. Ad ogni modo, la mossa vuole riconoscere il prestigio in termini di qualità dei prodotti raccolti da Hulu anche all’estero, ma essere anche un modo per risparmiare qualche soldini: si stimano infatti risparmi di circa 3 miliardi di dollari grazie alla riduzione dei costi tecnologici e amministrativi.
Il caso di Hbo e Max: evoluzione al contrario
Quando una piattaforma cambia nome, questa dovrebbe essere una mossa definitiva, o comunque destinata a durare per lungo arco di tempo. In casa Warner Bros. Discovery c’è stata un po’ di confusione nella gestione della piattaforma streaming con i preziosissimi contenuti targati Hbo. Nel 2010 Hbo on Broadband era diventata Hbo Go, affiancata cinque anni dopo da Hbo Now, per i non abbonati alla cable tv.
Nel 2020 le due piattaforme confluiscono in Hbo Max, espandendosi anche fuori dagli Stati Uniti. Con la fusione Warner Bros.-Discovery del 2023, ecco nascere Max, con l’obiettivo di incorporare anche i contenuti di Discovery+ e rendere la piattaforma “meno Hbo style”. A maggio 2025 un altro cambio di rotta, con il ritorno a Hbo Max, ridando così il giusto valore al marchio Hbo e rassicurando gli abbonati. In Italia, il debutto di Hbo Max è previsto nel 2026: tra i primi titoli annunciati, l’italiano Portobello di Marco Bellocchio e l’attesa serie tv di Harry Potter.
Il minimalismo europeo di NOW
Meno “sbatti” se li è fatti Sky, che nel 2021 ha deciso di effettuare un rebranding del suo servizio OTT NOW TV rinominandolo semplicemente NOW in tutti i Paese in cui è presente (tra cui l’Italia). Una mossa minimalista, che non cancella la presenza di Sky Go per gli abbonati alla pay tv ma spinge a raccogliere anche coloro che non voglio abbonarsi alla tv a pagamento pur desiderando vederne i contenuti.
Paramount+, Discovery+, e gli altri
Negli stessi anni, CBS All Access ha cambiato pelle diventando Paramount+, cavalcando la forza del brand cinematografico e seguendo la fusione tra Viacom e Cbs. Anche Dplay, servizio gratuito di Discovery, si è evoluto in Discovery+, unificando in un solo ambiente tutti i contenuti lifestyle, true crime e reality.
Tra un “+” di troppo e un ritorno alle origini
Il “+” è diventato quasi un obbligo per gran parte delle piattaforme: non solo una moda, ma un modo per segnalare una piattaforma più ricca, più organica, più internazionale. Anche se, oggi, sembra esserci un certo ritorno all’origine. Insomma, i nomi cambiano per rimanere coerenti, ma senza allontanare l’identità che li ha resi riconoscibili.
Da Star a Hulu, da Max e poi di nuovo HBO Max, il mercato dello streaming dimostra che il branding è una danza tra innovazione e ritorno all’essenza. Perché anche se cambi acconciatura, non è detto che tu possa tornare al tuo vecchio taglio e ritrovare una parte di te che pensavi di aver perso.