La ricetta della felicità e la rivincita della provincia: una storia che esalta il valore della calma

Da ricerca a ricetta, la felicità è qualcosa che necessita tempo. Ne La ricetta della felicità su Rai 1 si osa e la trama si prende i suoi tempi per cuocere a puntino una storia che esalta la calma come valore per raggiungere il proprio benessere. E che regala una nuova visione della provincia

Una volta si andata alla “ricerca” della felicità, ricordate? Poi i tempi son cambiati, e ci si è resi conto che la felicità non è qualcosa da trovare, ma da costruirsi passo dopo passo. Non serve una spedizione, ma una… ricetta. Ecco spiegato il titolo della nuova fiction di Rai 1, La ricetta della felicità, appunto, che da subito mette in chiaro le proprie intenzioni: cambiando due consonanti, da “ricerca” a “ricetta”, anche il modo di raccontare una storia di rinascita assume connotati differenti. Come? Ve lo spieghiamo subito.

Una felicità a lenta cottura

La storia di Marta (Cristiana Capotondi), che dall’oggi al domani scopre che il marito è ricercato per riciclaggio e che d’ora in poi deve cavarsela da sola, è stata pensata per dare al pubblico un’idea precisa, quella della pazienza e del tempo necessario a riprendersi da una brutta situazione e ritrovare la serenità.

La sceneggiatura non parte infatti in quarta, dando immediatamente alla protagonista la possibilità di “svoltare”. No, per Marta le cose sono in salita e così sembrano rimanere per parte del racconto. Uno specchio abbastanza fedele del quotidiano di molti di noi: quante volte, dopo una situazione sgradevole, necessitiamo di un po’ di tempo per rimetterci in carreggiata?

Nelle serie tv, spesso, per ragioni di tempi e di ritmi, questo processo di rinascita viene accorciato, facendo saltare tutte quelle fasi naturali e necessarie per giungere a una nuova stabilità. Con il rischio che alcune trame si rivelano frettolose o irreali.

Una trama che respira con calma

Da qui l’idea di evitare una ricerca della felicità, intesa come necessità di ricominciare da capo e scoprire nuovi punti di forza che non si pensava di avere, ma di lavorarci come se fosse una pietanza, semplice all’apparenza ma che richiede tempo e cura.

La ricetta della felicità trova la sua forza in questo messaggio. In un’epoca in cui si celebra l’idea dell'”instant”, dell’immediato, del traguardo facile, è il caso di fermarsi un attimo e ricordarsi che ciò che ha un valore nel tempo, come la felicità, appunto, non si può ottenere con una giravolta.

Si spiega così la scelta, se vogliamo anche audace, di non partire in quarta con gli eventi previsti dalla trama: i primi due episodi de La ricetta della felicità cominciano a svelare qualcosa sul mistero dietro la scomparsa del marito della protagonista, agganciando il pubblico con una sottotrama orizzontale. Ma il vero fulcro della storia, ovvero la consapevolezza da parte della protagonista di potersi realizzare lontano dalla città, da sola e con le proprie forze, deve ancora germogliare o, meglio, cuocere.

La rivincita della provincia

In questo contesto entra una scelta a nostro parere vincente, per una storia di questo tipo: l’ambientazione della provincia. Marta scappa da Milano, dalla metropoli, per ritrovare e riscoprire se stessa, e nel farlo finisce nel posto più diverso da quello in cui aveva vissuto fino a quel momento: Marina di Romagna, la provincia più provincia che ci sia.

Altri ritmi, altri luoghi, altri modi di vivere gli spazi (non più l’auto, ma la bicicletta). La scelta della provincia ne La ricetta della felicità diventa indispensabile affinché il racconto si faccia credibile e trovi il percorso giusto per svilupparsi episodio dopo episodio.

Anche questa scelta, d’altra parte, è figlia dei tempi che viviamo. Se una volta la città era il punto di arrivo, la destinazione-sogno di molti giovani che abbandonavano la provincia per vivere tra palazzi e grattacieli, in questi anni la tendenza si sta invertendo.

Si preferisce sacrificare gli agi che la grande città può offrire, a favore di un benessere “a lungo rilascio” (e torniamo all’idea di “ricetta”) proprio della provincia. Qui il tempo si dilata, le necessità cambiano e la visione delle cose assume connotati differenti. Solo finendo in provincia, quindi, Marta può davvero mettere sul fuoco la sua felicità e cominciare a… cucinarla.

Gli echi del passato di star tv sempreverdi

Andrea Roncato

Infine, strategica la scelta del cast, che unisce volti nuovi (i figli dei vari personaggi), ad altri già affermati (Cristiana Capotondi e Lucia Mascino in primis) ad altri appartenenti a una tv di una volta, per un effetto nostalgia assicurato. Valeria Fabrizi (volto anche della tv di oggi, grazie alla sua Suor Costanza di Che Dio Ci Aiuti) e Andrea Roncato, mitico volto della tv anni Ottanta e Novanta, completano un cast variegato e multigenerazionale, che rendono questa fiction perfetta nelle intenzioni della prime rete Rai, sempre guidata dall’obiettivo di essere una tv per tutti.

L’elogio della calma

Cristiana Capotondi e Lucia Mascino

La ricetta della felicità, anche tramite il proprio cast, vuole fare proprio un elogio della calma, e della giusta lentezza. Ancora una volta, Stand By Me, che nelle proprie produzioni (serie, factual o di intrattenimento) ha sempre avuto un occhio di riguardo per la veicolazione di valori che entrassero nelle case degli spettatori, vuole raccontare una storia che sa davvero di favola moderna. La principessa, però, oggi non deve essere più salvata, perché sa farlo da sola. Aiutata da dei nuovi amici e, perché no, da una buona piadina.

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