

Il 21 dicembre 1995 iniziava Carramba! che sorpresa. Trent’anni dopo, il programma di Raffaella Carrà resta un simbolo della televisione italiana, tra emozioni vere e carrambate entrate nella storia.
Il 21 dicembre 1995 andava in onda la prima puntata di Carramba! Che sorpresa (che poi diventerà anche Carramba! Che fortuna). Un varietà che ha messo insieme emozione vera, reunion impossibili, star internazionali, ritmo da show e – negli anni – pure la spinta della Lotteria Italia. Risultato: un pezzo di storia (della tv e di noi) a cui oggi si deve perfino una parola entrata nel linguaggio di tutti.
Questo fu l’inizio di quel primo appuntamento:
L’inizio: 21 dicembre 1995, e Rai 1 cambia passo
Il punto va detto subito (senza fare i sofismi): la prima puntata del 21 dicembre 1995 non era “che fortuna”, era “che sorpresa“. “Che fortuna” arriverà più avanti, quando il programma si legherà stabilmente alla Lotteria Italia. Ma l’anima è già tutta lì, dal debutto: Raffaella Carrà torna in Italia dopo anni di lavoro in Spagna e si riprende la prima serata con un’idea semplice e micidiale: far succedere cose che sembrano impossibili, davanti a tutti.
La prima puntata (disponibile anche su Rai Play e che totalizzò 9.470.000 telespettatori per uno share del 36.8% di share) fotografa già il DNA dello show: ospiti forti, pubblico caldissimo e soprattutto sorprese costruite come piccoli film, con la rivelazione finale che esplode in lacrime, risate, abbracci. In quella serata, tra gli ospiti ci sono nomi di spicco come Heather Parisi, Antonello Venditti e Luke Perry (sì, proprio lui) e c’è già l’elemento che diventerà un marchio: il fan che incontra il suo mito.
Il format: varietà + “sorpresa vera” + star system
Il meccanismo, a raccontarlo oggi, sembra naturale (esistono mille altri programmi oggi che riprendono – anche solo marginalmente – l’effetto che dava il format), ma nel 1995 non lo era affatto.
Carramba mette insieme tre ingredienti che, mischiati così, diventano una bomba:
- La sorpresa vera: ricongiungimenti, incontri, riconciliazioni, ritorni dal passato.
- Il varietà di Raffaella: apertura cantata, ballo, numeri, ospiti da show internazionale, ritmo alto.
- Il racconto popolare: in mezzo alle star, la gente comune diventa il cuore emotivo della puntata.
E infatti da lì nasce pure un termine che ancora oggi usiamo senza pensarci: carrambata, cioè l’incontro inatteso con qualcuno che non vedevi da una vita. La forza del programma sta proprio qui: la sorpresa non è mai frettolosa. Quando arriva, arriva perché il pubblico ha avuto il tempo di entrarci dentro. E se qualcosa “scappa di mano” – una lacrima, un silenzio, un abbraccio troppo lungo – Carramba non lo taglia. Lo accoglie.
Le edizioni e i numeri: un programma di sistema
Tra il 1995 e il 2009, Carramba va in onda per 8 edizioni, per un totale di 102 puntate, chiaramente tutte in prima serata su Rai 1.
Il programma attraversa più collocazioni – giovedì, sabato, mercoledì – ma trova la sua dimensione ideale nel sabato sera, soprattutto quando si lega alla Lotteria Italia, diventando uno degli appuntamenti televisivi più riconoscibili del periodo natalizio.
Dal 1996 in poi, con l’abbinamento alla Lotteria, Carramba smette di essere “solo” uno show di successo e diventa un evento nazionale. La prima serata del sabato a quel punto diventa una casa per Raffaella, una collocazione caratterizzante che accompagna il pubblico fino all’Epifania.
Gli spin-off pomeridiani: l’universo Carramba
Accanto alle edizioni in prima serata, Carramba genera nel tempo una vera e propria costellazione di spin-off pomeridiani, pensati per portare lo spirito del programma anche fuori dal grande evento settimanale. Non semplici “derivati”, ma esperimenti che allargano il racconto e tengono viva la relazione quotidiana con il pubblico.
Il primo è 40’ con Raffaella su Rai 1 (trasmesso tra il 7 ottobre 1996 ed il 3 gennaio 1997) , spazio più raccolto e confidenziale, in cui Carrà approfondisce storie, incontri e momenti emotivi con un ritmo meno spettacolare e più intimo. Una sorta di “dietro le quinte emotivo” del mondo di Carramba.
L’autunno 1996 fu una stagione davvero impegnativa per Raffaella. Pochi, se non nessuno, ricorderà Carràdio! Che sorpresa, progetto curioso e ibrido – trasmesso su Radio Italia – che gioca con il linguaggio radiofonico e televisivo, confermando la volontà di Raffaella Carrà di sperimentare formati e registri diversi pur restando fedele al tema della sorpresa e del contatto diretto con il pubblico.
C’è poi Centoventitré (ottobre 1998/gennaio 1999), titolo che richiama esplicitamente il mondo della Lotteria Italia e che rafforza il legame tra gioco, partecipazione popolare e intrattenimento pomeridiano, portando nel daytime quell’atmosfera da attesa che aveva reso fortissimo il prime time.
Infine nell’autunno/inverno 1999 I Fantastici di Raffaella, programma che amplia ulteriormente il perimetro del brand, mescolando spettacolo, persone comuni e racconto positivo, e confermando come Carramba fosse una filosofia televisiva riconoscibile, declinabile in più orari e contesti.
Nel loro insieme, questi spin-off raccontano una cosa molto chiara: Carramba era pensato come un impero fatto di tante sfaccettature capaci di abitare la prima serata e il pomeriggio senza perdere identità.
Cosa ha consacrato la storia di Carramba?
Gli ascolti
I dati d’ascolto raccontano meglio di qualunque definizione cosa sia stato Carramba negli anni ’90 e nei primi 2000.
Nelle prime edizioni, il programma viaggia stabilmente su share vicini o superiori al 35–40%, con punte oltre i 10 milioni di spettatori. Numeri che oggi sembrano irraggiungibili (se non da un certo evento chiamato ‘Festival di Sanremo’ o finale dei Mondiali di calcio), ma che allora certificavano una cosa precisa: Carramba era il centro della serata televisiva, pur con tutte le controprogrammazioni del caso dall’altra parte della barricata, alias Canale 5.
Anche nel 2002, quando torna con Carramba! Che sorpresa, il debutto registra ascolti altissimi, a dimostrazione di quanto il format fosse ancora forte e riconoscibile.
| Edizione | Titolo | Anno | Ascolto record / puntata simbolo |
|---|---|---|---|
| 1ª | Carràmba! Che sorpresa | 1995–96 | ≈ 11 milioni, share vicino al 40% |
| 2ª | Carràmba! Che sorpresa | 1996–97 | ≈ 10–11 milioni, share 35–38% |
| 3ª | Carràmba! Che sorpresa | 1998 | ≈ 8,5–9 milioni, share 30–32% |
| 4ª | Carràmba! Che fortuna | 1998–99 | ≈ 9 milioni, share 33–35% |
| 5ª | Carràmba! Che fortuna | 1999–2000 | ≈ 8,5 milioni, share 30–32% |
| 6ª | Carràmba! Che fortuna | 2000–01 | ≈ 8 milioni, share 28–30% |
| 7ª | Carràmba! Che sorpresa | 2002 | oltre 10 milioni (puntata d’esordio), share ~39% |
| 8ª | Carràmba! Che fortuna | 2008–09 | ≈ 7 milioni, share 25–27% |
La lotteria Italia
L’incontro con la Lotteria Italia cambia il passo del programma. Il varietà si apre ancora di più al pubblico, integra meccanismi di gioco, estrazioni, attese. Il finale del 6 gennaio diventa un momento quasi istituzionale, in cui televisione, spettacolo e fortuna (quella vera, s’intende) si fondono. A conferma di come, Carramba, sia la piazza televisiva del Paese, il luogo dove si concentrano attenzione, emozione e partecipazione.
Gli ospiti (non solo per sfilare)
Nel corso delle sue 102 puntate, Carramba ospita un numero enorme di volti noti: star italiane, ospiti internazionali, icone pop, protagonisti della musica, del cinema e della televisione. Ricordiamo, ad esempio: Britney Spears, Madonna, Cher, Phil Collins ma anche Diego Armando Maradona, Alberto Sordi. La lista sarebbe infinita…
Ma la differenza rispetto a molti show è una sola ed è determinante: nessun ospite è lì “per riempire”. Ogni presenza ha un senso dentro la storia della puntata, dentro una sorpresa, dentro un racconto che coinvolge qualcun altro.
Il risultato è un equilibrio che vede lo spettatore guardare la star, ed emozionarsi anche per la persona comune. Ed è questo che rende Carramba trasversale, popolare, duraturo.
Le 10 carrambate ‘tipo’ più iconiche
- Il ricongiungimento familiare dopo decenni di lontananza, con l’abbraccio che interrompe la scaletta. Molto spesso queste storie appartenevano a famiglie che avevano parentele soprattutto in Argentina, questa insolita frequenza ha generato il tormentone in altre trasmissioni che ironizzavano su questo fatto: (es.: “E dopo 40 anni, dall’Argentina, tuo fratello Mario è qui!“)
- Il fan che incontra il proprio idolo senza saperlo fino all’ultimo secondo.
- L’amore mai dimenticato, ritrovato davanti alle telecamere dopo una vita.
- Il militare rientrato dall’estero che riabbraccia la famiglia all’improvviso.
- La madre che rivede il figlio creduto irraggiungibile, in uno dei momenti più silenziosi dello show.
- Il maestro o allenatore che torna davanti al suo ex allievo diventato famoso.
- Il genitore che assiste di nascosto alla sorpresa preparata per lui, e crolla prima del finale.
- L’incontro tra due fratelli separati da eventi storici, raccontato senza retorica.
- La sorpresa che coinvolge un intero paese o una comunità, non solo una persona.
- La “non-sorpresa” che si trasforma in carrambata per reazione emotiva, diventando memorabile proprio perché imprevista.
Cosa ci lascia dopo 30 anni la memoria di Carramba?
Rivedere oggi Carramba significa fare i conti con un’assenza doppia. Da una parte il programma, che non è più tornato in onda; dall’altra Raffaella Carrà, che da qualche anno non c’è più, ma continua a essere presente in ogni immagine, in ogni ricordo, in ogni “carrambata” che riaffiora dalla memoria collettiva.
Carramba appartiene a un tempo in cui la televisione si prendeva il lusso di aspettare l’emozione, di lasciarla crescere, di non avere paura del silenzio o delle lacrime.
Oggi quello spazio non esiste più nello stesso modo, e forse è giusto così. Ma proprio per questo Carramba resta unico: perché è figlio di un’epoca irripetibile e di una conduttrice che sapeva tenere insieme spettacolo, umanità e rispetto. Raffaella si prendeva cura delle storie che arrivavano sul palco.
E forse è questo il motivo per cui, trent’anni dopo, Carramba non sembra invecchiato. Ci ricorda – ulteriormente – una televisione che non c’è più, e una presenza che manca, ma che continua a parlare a tutti noi.






