Quando l’addio dei vip è in presa diretta: il caso Famous Last Words su Netflix

Proporre un racconto di fine vita autentico, con l’intervistato vip che riflette sulla sua esistenza e saluta il mondo prima che la morte lo raggiunga. L’idea, che sfrutta furbescamente un noto espediente narrativo, ha dato origine al format in Danimarca, ma solo ora è diventato d’interesse globale grazie allo streaming. Ecco di cosa si tratta

Tutti li “cucinano” nelle redazioni dei giornali e dei programmi televisivi. Quasi si prova vergogna a raccogliere il materiale e a scriverne, soprattutto quando il personaggio non è in salute. Come a dire, tra colleghi: “così non gli porterai mica sfortuna?”. Parliamo di coccodrilli. Perché Netflix, con la docuserie Famous Last Words, ha aperto una nuova frontiera: realizzare il coccodrillo intervistando direttamente il soggetto interessato prima che lasci questa terra. Un Verissimo dell’ultimo saluto ai cari e al mondo. L’addio pubblico in presa diretta.

A dir la verità, l’idea non nasce oggi da Netflix – che ha il merito di renderla global –  ma ha origine nel 2020 in Danimarca, dove il format è conosciuto col titolo Det Sidste Ord (traduzione: L’ultima parola), in onda sul canale TV2. La società Banijay ne aveva individuato il potenziale e ne ha acquisito i diritti internazionali.

In Det Sidste Ord, famosi danesi in età avanzata sono intervistati dal giornalista Mikael Bertelsen prima che muoiano. La caratteristica del programma è principalmente una: l’intervista viene pubblicata solo quando la persona è deceduta, venendo gelosamente custodita negli archivi della Biblioteca reale (Det Kongelige Bibliotek). I nomi di chi partecipa in vita sono anche quelli segreti e non si sa mai chi Mikael Bertelsen abbia intervistato (evidentemente, non c’è un corrispettivo danese di Dagospia a spifferarli).

In Danimarca finora sono state pubblicate 9 puntate, dedicate a: il compositore e pianista Bent Fabricius-Bjerre (95 anni alla morte), il politico Uffe Ellemann-Jensen (80 anni), il cantautore Paul Dissing (84), la giornalista e scrittrice Lise Norgaard (105), la politica Ritt Bjerregaard (81), il cantante e attore Pietro Belli (79), l’attore e regista Erik Clausen (82), l’attrice e regista Jytte Abildstrøm (90), infine il giornalista Jorgen Leth (88 anni).

Il primo vip inglese

Il 3 ottobre, con l’uscita su Netflix del primo episodio inglese di Famous Last Words, riguardante l’etologa e antropologa britannica Jane Goodall scomparsa due giorni prima a 91 anni, il format ha acquisito notorietà e attratto stampa e curiosi, anche oltreoceano. Si è scoperto, ad esempio, che l’intervista, curata da Brad Falchuk, è stata realizzata a marzo e che è durata all’incirca quattro ore, poi condensata nel classico formato televisivo da un’ora.

L’impostazione di Famous Last Words è fedele all’originale Det Sidste Ord: l’intervista si svolge in un ambiente neutro, al termine il conduttore lascia la scena e il personaggio rivolgendosi in camera conclude la puntata con le sue ultime parole. Quindi, tutto il materiale girato viene conservato da un istituto, in questo caso il John F. Kennedy Center for the Performing Arts che è stato anche set delle riprese svoltesi a porte chiuse, solo tra intervistata e intervistatore, con telecamere operate da remoto. Lo stesso Mikael Bertelsen, il conduttore danese, si è occupato della supervisione dell’adattamento in inglese che conta altri 7 episodi top secret.

Un format di servizio pubblico

A differenza di tanti servizi preconfezionati e tirati fuori all’occorrente in Tv e sulla carta stampata, Famous Last Words ha il pregio di essere un ritratto di fine vita autentico, perché coinvolge in prima persona il diretto interessato con riflessioni dolci e amare su come abbia trascorso i suoi anni, dichiarazioni sul suo lascito e su come immagina il futuro una volta che non ci sarà più. In questo senso, potremmo definirlo un format di servizio pubblico, che si presterebbe benissimo a reti come quelle della Rai, oppure, guardando ai privati, a La7 e Nove. Per questo l’operazione di Netflix si può dire coraggiosa, fuori dai canoni per un operatore streaming commerciale che comprende come anche i contenuti percepiti di qualità facciano la differenza e generino il passaparola.

L’idea di fondo, semplice, non è di per sé neanche originalissima, ma certamente avanguardista. Quante volte abbiamo assistito a film e romanzi usciti post-mortem, oppure quante volte al cinema gli sceneggiatori ci hanno fatto scoprire lettere d’addio o visionare filmati autoprodotti dai protagonisti in cui dicono le loro ultime parole dopo la loro morte? I creatori e produttori di Det Sidste Ord sono stati furbi a proporre questo esatto espediente narrativo applicandolo al reale.

I possibili nomi in Italia

Ipotizzando un’edizione italiana di Famous Last Words, i nomi d’interesse della cultura, dello sport, dello spettacolo e della politica sarebbero molti. Da Sophia Loren (86 anni) a Lino Banfi (84), da Ornella Vanoni (91) a Mina (85), da Renzo Arbore (88) a Celentano (87), da Dacia Maraini (88) a Liliana Segre (95), da Romano Prodi (86) a Valentino (93). Auguriamo loro, ovviamente, di tagliare il traguardo dei 100 anni e di superarlo.

Questi sono esempi nati da una semplice ricerca associativa che lega la persona famosa e la relativa età. Famous Last Words non va percepito come business della morte, e se arrivasse in Italia sarebbe un’occasione per raccontarsi in un modo mai visto prima, evitando che qualcun altro costruisca un macabro (e finto) commiato senza che se ne abbia il controllo. Sarebbe, sì, un lascito potente.

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